GLI DEI DELLA GUERRA
Protettori della Vita
Nell’immaginario comune il Dio della Guerra è un guerriero, spesso un eroe, di bell’aspetto, muscoloso, a volte giusto e a volte irruento e rissoso, devoto al suo ruolo di portatore di morte, che riveste un ruolo nel pantheon divino limitato a questa funzione. Ma chi sono realmente queste divinità? Spesso nelle culture antiche, gli Dei della Guerra o anche rappresentati come grandi guerrieri, sono figure legate alla terra, alla fertilità, alla difesa della vita stessa da un nemico che può essere sia fisico sia spirituale o magari anche ambientale. Se nel mondo moderno la Guerra è conosciuta solo nel suo aspetto più negativo di apportatrice di morte, devastazione e ingiustizia, nell’antichità essa era invece contemplata anche nella sua funzione positiva, dove la violenza non era fine a se stessa bensì un mezzo al servizio della Giustizia e della difesa. E questo principio era incarnato proprio da quelle divinità guerriere che, attraverso le loro gesta mitiche, rammentavano come la Guerra potesse esprimere quelle virtù eroiche che oggi sono state dimenticate, come ad esempio l’onore, il sacrificio volto ad un bene superiore, la forza, il coraggio, la nobiltà d’animo e il semplice dinamismo satanico che spinge a mettersi alla prova attraverso lo spirito stesso della battaglia personale e collettiva.
TRADIZIONE CELTICA: Un esempio eclatante di ciò lo abbiamo in Ogma/Ogmius, il Dio della Guerra celtico, il campione degli Dei dei Tuatha De Danann, stirpe divina che conquistarono l’Irlanda. I Celti, storicamente parlando, erano guerrieri feroci che spesso affrontavano la battaglia nudi, impavidi, senza alcuna paura della morte, visti dai conquistatori dell’Impero Romano come dei barbari privi di ogni “civilizzazione”. Nel De Bello Gallico, lo stesso Cesare ci fornì molte informazioni su di essi e i loro Dei, anche se analizzate sulla base della sua cultura. Nonostante fra Celti e Romani ci fossero stati dei dissidi, Egli stesso notò come questo popolo apparentemente incivile nascondesse una spiritualità così profonda da mutare l’atto violento della Guerra in una forma di espressione spirituale molto più ampia. Il guerriero celtico affrontava la battaglia “invasato” dallo spirito della Guerra stesso, traeva forza e coraggio dalla propria forza spirituale e da specifici rituali nei quali spesso si assumevano alcool e droghe naturali. Cesare notò quasi con stupore come la cura del corpo facesse parte di questo “spirito guerriero”: non vide mai un Celto, che egli fosse un semplice contadino o un nobile, vestito di stracci o sporco. Non c’era guerriero che non purificasse se stesso sia nell’anima che nell’ “involucro” che rispecchiava l’Essenza di cui il suo spirito era fatto. Ogma/Ogmius , come Dio della Guerra, era descritto fisicamente molto bello, vestito di armatura e ben armato (espressione della perfezione corporea di cui necessita un vero guerriero) ma al contempo era anche un druido, un essere tanto sapiente da creare quello che viene chiamato l’Alfabeto Ogamico, ossia la scrittura sacra dei Celti. Tale alfabeto era molto semplice: una serie di linee verticali, orizzontali e oblique che rappresentavano le varie lettere, usata solo ed esclusivamente per riti magici, in quanto erano convinti che la scrittura “fissasse” l’incantesimo nel tempo. Ogma ha un ruolo quasi marginale nelle grandi battaglie mitologiche, in alcuni miti addirittura sembra voler ripudiare la violenza stessa della lotta. Egli è il Dio dell’Eloquenza, la cui arma più fatale non è la lancia o la spada, bensì la parola. Secondo la filosofia celtica, infatti, la “Parola”, la Sapienza, la Conoscenza, era considerata l’arma più letale che un uomo potesse possedere, quindi non è strano che proprio il Dio della Guerra lottasse più con l’uso del Verbo che con le armi.
TRADIZIONE EGIZIA: Un altro Dio guerriero che assunse nel tempo una configurazione del tutto negativa fu il Dio egizio Seth. Seth è noto dai più come Dio del Caos e della distruzione, il vile uccisore di Osiride, l’avido di potere e nemico di Horus. Nella mitologia assume l’aspetto di tutto ciò che è negativo, a volte appare persino poco intelligente rispetto gli altri Dei, vigliacco e ingannatore. Ma Seth era considerato anche il Dio delle genti straniere, inteso come colui che poteva proteggere gli Egizi dall’invasione dei nemici, intervenendo contro di loro per impedirgli di vincere. Quando poi le aspre guerre cominciarono a devastare le terre e i popoli d’Egitto, Seth divenne il nemico dell’Ordine Cosmico. Eppure, prima che assumesse questi connotati dovuti principalmente ad eventi storici, egli era “il Grande Guerriero difensore del Sole”, dettaglio che continuerà a sopravvivere anche nelle epoche successive, nelle veste di Ra che parteggia sempre per Lui. Seth con la sua lancia difendeva la barca solare dall’attacco del Serpente Apophi, permettendo così che il Sole continuasse ad avanzare nel suo cammino al fine di garantire la continuazione della vita. E questo aspetto in verità non si perderà mai totalmente: la protezione che infatti il Dio Ra offre sempre a Seth (quindi la luce solare, espressione di tutto ciò che è positivo, che protegge l’oscurità di cui necessita per vivere), dimostra chiaramente come la Guerra sia vista come un atto violento di cui avere paura, che porta disordine e minaccia l’esistenza di ogni forma di vita, ma che al contempo si rivela indispensabile per proteggere e portare avanti l’Ordine naturale, l’Esistenza stessa del Tutto e l’Evoluzione in questo mondo materiale. Storicamente parlando, gli Egizi, come tanti altri popoli, non lesinarono certo con violenze e battaglie per le loro campagne di conquista, ma a livello mitologico e religioso la Guerra rappresentava la forza caotica di cui la Luce e di conseguenza la Vita hanno bisogno per Esistere, sia a livello terreno che spirituale.
Sempre presso gli Egizi, oltre al sopracitato Dio Seth, non possiamo non ricordare anche Onuris, divinità della guerra ma, anche in questo caso, della caccia. Egli era patrono dell’esercito egizio ed era appellato come “distruttore dei nemici” e “salvatore”, ma anche come “difensore del sole”, esattamente come Seth. Questa funzione di protezione verso il sole è un chiaro segnale di come in seno agli Egizi il ruolo del dio guerriero venisse osservato nella sua veste di custode della luce piuttosto che di aggressore della stessa. Onuris è stato spesso associato al dio primordiale Shu, un dio dell’aria noto per aver separato Geb da Nut, metafora della generazione della vita attraverso un atto apparentemente violento come il “separare”. Tale Dio era raffigurato con una lancia in mano, il capo adorno di piume e la testa di leone. L’Egitto però contava molti Dei della Guerra, come ci racconta Khaibit in questa accurata analisi:
L'Antico Egitto come lo conosciamo oggi si può dire sia stato forgiato dalla guerra: è con l'unificazione dell'Alto e del Basso Egitto per mano di Narmer, infatti, che nasce la Prima Dinastia, dando vita ad un regno che, tra alti e bassi, prospererà per più di 3000 anni.Non c'è dunque da stupirsi per la grande quantità di divinità associate all’arte bellica che fanno parte del pantheon egizio:
Sekhmet è la furia inarrestabile, l'ira bruciante che annebbia la mente ed incenerisce i nemici. Il suo nome significa La Potente, e non è un caso che persino il grande Ra, suo padre, debba ricorrere ad inganno e stratagemmi per placarne la sete di sangue. Dea leonessa, grande protettrice dell'Alto Egitto e del Faraone, simboleggia audacia e temerarietà in combattimento, sempre pronta a gettarsi nella mischia e sputare fiamme sui nemici del regno e sui trasgressori di Ma'at. Sekhmet è anche Signora della Vita, capace di scatenare o impedire epidemie a proprio piacimento, ed era invocata dagli antichi egizi per proteggerli dalla malattia.
Bast è la lama celata dietro a un delizioso abito di seta, è la fiamma capricciosa che ora danza sulla cima di una candela e un attimo dopo divampa famelica, divorando tutto ciò che desidera. È l'irresistibile figlia di Ra, che può sedurti con la sua grazia o incenerirti con la potenza dell'occhio solare. Patrona del Basso Egitto, protettrice della casa e del regno, nutrice del faraone, è la dea felina che sotto le spoglie del docile gatto cela la ferocia della leonessa. È la dea che, vanitosa e scaltra, prende ora il posto di Hathor, ora quello di Sekhmet, adattata e reinventata continuamente senza mai perdere la propria reale essenza.
Neith è la Grande Madre, Mehet-Weret, La Grande Inondazione, la Vacca Celeste che emerge dalle acque primordiali per creare il mondo. "Colei Che È", "La Terrificante", Neith è l'antica e saggia tessitrice della realtà. Potente e complessa, è al tempo stesso Dea creatrice, dispensatrice di conoscenza e signora della guerra. "Signora dell'Arco, Regina delle Frecce", il suo simbolo è lo scudo con le frecce incrociate, giunto a noi sin dall'Egitto Predinastico. Il feroce Sobek è sua diretta emanazione, ma nel ruolo di Mehet-Weret persino Ra è generato da lei, così come la sua nemesi, il terribile serpente Apep.
Sobek è la ferocia. La furia di Sekhmet o la brutalità di Seth hanno qualcosa di umano che li rende in qualche modo più decifrabili, ma la ferocia di Sobek è semplicemente qualcosa di primordiale e incontrollato. È il puro istinto del predatore, è semplice furia della natura. Generato da Neith, il dio coccodrillo è la rappresentazione della potenza stessa del Nilo, e per estensione del potere creativo delle acque primordiali nella loro forma più violenta. Rappresenta il vigore e la potenza sessuale e talvolta è visto come un dio primordiale che trascende l'ordine cosmico stabilito da divinità generate dopo di lui, le cui leggi può quindi rispettare o trasgredire a suo piacimento.
Horus è il comandante vittorioso, emblema stesso della regalità e del potere del faraone. È colui che tramite l’ordine e la disciplina guida il regno alla prosperità, che agisce sempre per e tramite la giustizia. Horus è una forza al servizio di Ma’at, è il dio falco al cui occhio nulla sfugge. Sempre in prima linea nella lotta al caos, guida e protegge le truppe e che tiene il male e il disordine lontani dal regno. È opposto e complementare a Seth, fratello/zio e rivale, con il quale porta avanti un’eterna battaglia che, come la danza degli opposti, non conosce fine né vincitori. Seth è infatti la sua controparte. È caos, è libertà dalle imposizioni, è il guerriero brutale e spavaldo che guida l’assalto portando morte e terrore tra le fila nemiche. È l’”outsider”, il dio della discordia e del disordine che tuttavia combatte al fianco di Ra, nel suo viaggio notturno contro le forze di Isfet. È l’apparente contraddizione, il caos creatore, la distruzione al servizio della creazione, è il male necessario in contrapposizione con quello fine a se stesso. Laddove Horus insegna l’importanza della collettività, Seth sottolinea quella dell’individualità. Laddove Horus insegna la disciplina necessaria per elevare se stessi, Seth spinge a superare i propri limiti, a distruggere le gabbie del pensiero comune, e insieme guidano l’iniziato sulla strada della divinità.
Pakhet è la cacciatrice notturna, la dea felina "dagli occhi acuti e dagli artigli affilati, la leonessa che vede e agguanta di notte". È la "Dea della Bocca del Wadi", patrona dei cacciatori dei widyan (letti di torrenti temporanei in zone desertiche) del deserto orientale. "Colei che Apre le Vie delle Piogge Tempestose", è signora delle piogge nel deserto e delle tempeste di sabbia, ma è anche Pakhet-Weret-Hekau (Pakhet che ha Grande Magia). Pur attribuita di caratteristiche solari, è una cacciatrice solitaria e notturna, che, schiva e selvatica, viaggia come un'ombra nel deserto alla ricerca di prede.
Wepwawet è "Colui che Apre le Strade", l'antico dio lupo che ha potere sulla guerra e sull'oltretomba. È colui che spiana la strada alla conquista territoriale e all'espansione del regno, che tiene lontani i nemici dalle più importanti rotte commerciali. È anche colui che da il via all'ascesa del faraone nell'Aldilà, la cui ascia viene utilizzata per spalancare la bocca del faraone nella cerimonia di "vivificazione" e che, nei testi mortuari non-reali, guida il defunto lungo il suo viaggio nell'Oltretomba.
Montu è la spinta conquistatrice, il desiderio espansionistico, il dio falco che guida le armate del faraone all'assoggettamento di nuove terre. È il dio della guerra tebano che ha guidato intere dinastie alla riconquista d’Egitto ed alla sua espansione.
Anhur è "L'Uccisore di Nemici", il patrono dell'esercito e la quintessenza del guerriero al servizio del regno. È il patrono delle arti della guerra, in onore del quale venivano organizzate finte battaglie, ed è il consorte di Menhet, che si dice abbia portato lui stesso in Egitto dalla Nubia.
Menhet è "La Massacratrice", "Colei che Sacrifica" ed è una forza distruttiva che, complementariamente al marito Anhur, guida l'esercito alla vittoria. È la dea leonessa che guida le truppe del faraone in battaglia, abbattendo con le sue frecce i nemici più pericoli tra le fila nemiche.
Maahes, "Signore del Massacro", è il dio leone che divora i colpevoli e protegge gli innocenti. "Il Signore Scarlatto" è giusto ma spietato e influenza la guerra e le condizioni meteorologiche. "Colui che Brandisce il pugnale" è generato da Bast, dalla quale eredita il proprio ruolo protettivo.
Satis è la dea arciere che difende i confini meridionali del regno, la dea antilope "Signora di Elefantina", che è associata con la guerra e le inondazioni del Nilo. È sia "Colei che Tira (con l'arco)", uccidendo i nemici del re con le sue freccie, che "Colei che Versa", purificando il faraone con vasi di unguento e benedicendo la terra con l'annuale inondazione del Nilo.
Sopdu è il "Signore dell'Est", padrone e difensore dei confini orientali. È il falco accovacciato, il guerriero Beduino adornato con un copricapo di piume, il dio astrale che, sincretizzato in Horus-Sopdu, rinasce da Iside, fecondata dal faraone nell'aspetto della stella Sirio (Sothis). Fa parte con Sothis (Sirio - Moglie) e Sah (Orione - Marito) della triade astrale che propizia raccolti rigogliosi, coincidendo e sovrapponendosi alla triade reale formata da Iside, Osiride e Horus.
Per approfondire su Bastet Sekhmet CLICCA QUI.
TRADIZIONE GRECO/ROMANA: Proseguendo il nostro percorso fra i Signori della Guerra non possiamo non citare il più noto Dio guerriero italico, Marte, (l’Ares dei Greci), reso famoso anche da numerosi film nei quali è però descritto in maniera molto superficiale: lascivo, maligno, assetato di guerra. Sempre affascinante e vestito di armatura, viene esaltato il suo aspetto più terribile ma basta leggere un qualsiasi libro di mitologia classica per comprendere che questo è l’aspetto più tardo del suo culto. Dio di origini molto antiche era evocato come protettore delle greggi, dei raccolti e dei campi coltivati; veniva onorato insieme a Cerere negli Ambarvalia. Successivamente, con l’arrivo di popoli ostili, venne invocato come protettore di questi campi contro i nemici, per cui si mutò nel Dio della guerra. Era anche il Dio protettore dei giovani che in primavera partivano verso nuove terre, guidati dai suoi animali simbolo: il lupo e il picchio verde. Anche presso i Celti, quando entrarono in contatto con il culto romano, Marte venne riconosciuto proprio nella sua funzione di protettore della fertilità della terra e guardiano delle tribù, come colui che combatteva e agiva da “eroe” per difendere e non per il mero gusto di fare battaglia. Numerose sono le divinità associate alla sua figura: Marte Albiorix, Marte Camulos, Marte Nabelcus, ecc. Dunque, nel caso di Marte, abbiamo un Dio della Guerra che ha avuto origine da una figura di Guardiano, di difensore di quello che all’epoca era il fondamento della sussistenza di tutto il popolo: i campi coltivati e le greggi. Per i Romani l’atto di conquista di altri popoli era considerato un atto “dovuto”, un’azione che dovevano compiere per portare la “civilizzazione” nelle altre terre. Spesso furono usati metodi violenti e persecutori che portarono alla cancellazione di molte tradizioni estranee alla loro cultura. Da questo punto di vista, la leggendaria “nobiltà” del legionario o centurione viene offuscata dall’umana sete di potere, ma parlando in termini puramente spirituali, nelle lotte divine si manifesta questo senso puro di “dovere” e onore, espresso appunto dall’esigenza di portare a tutti ordine, leggi e civiltà. Altra nota interessante riguardante Marte è il famoso rapporto con Venere. Venere, Dea dell’amore e della bellezza, sposata al “brutto” Efesto, fu l’amante più famosa che fu attribuita al Dio della Guerra, sposato secondo i Sabini a Neria o Neriene, forma femminile di Nero che equivale al termine “forte”. L’unione tra Guerra e Amore, l’unione carnale fra i due Dei, si può interpretare dunque come l’unione tra la violenza della battaglia e il sentimento che spinge l’essere umano a combattere. La forza delle emozioni che guidano la mano del guerriero, sia quando esso combatte nel giusto che per vendetta. In questo caso la Guerra è intesa come la lotta interiore dell’uomo, dove l’Emozione (Venere) guida la mano che impugna la spada (Guerra) per compiere un atto violento guidato da una virtù o dalla violenza delle proprie emozioni.
MESOPOTAMIA: Un altro Dio della Guerra associato ai raccolti, più specificatamente all’irrigazioni dei campi, e alla caccia è Ninurta, figlio di Enlil, Dio cosmico della cultura Mesopotamica. Ninurta è protagonista di molte vicende mitologiche che lo vedono come l’eroe, il forte e il coraggioso combattente che lotta contro feroci nemici: è raffigurato come uccello del tuono che viaggia su un cocchio a ritorno di una battaglia. In un noto mito, egli viene eletto campione degli Dei e mandato a recuperare le tavolette del destino rubate da Anzu, l’uccello della tempesta. Come Dio dei temporali veniva evocato e citato negli inni e nelle preghiere per favorire la fertilità, la crescita della vegetazione e l’irrigazione dei campi. Quindi, anche in questo caso, Ninurta è il legame tra la prosperità del popolo, sia mediante l’abbondanza di risorse, sia tramite la guerra intesa come mezzo per proteggere e portare avanti il successo di una città, paese o tribù. In Ninurta si ritrova anche il concetto di caccia, che unita alla Guerra ma anche all’irrigazione dei campi, ne dà un valore sacrale. In molte culture antiche la caccia aveva un significato animico-spirituale dimenticato nel tempo a causa dell’abbondanza delle risorse per vivere, ma anche e soprattutto per lo scarso valore che viene attribuito in seguito alla vita animale. La caccia era un momento sacro, un duello alla pari con l’animale cacciato. Si onorava il sacrificio dell’animale, si onorava la “guerra” tra l’uomo e la bestia, non si cacciava più di quanto era necessario per vivere. La loro morte assumeva il carattere di comunione tra l’uomo e la Natura. Infatti, così come in Ninurta, il Dio cacciatore era anche il Dio protettore degli animali stessi. Da questo punto di vista non si parla di una “guerra” a livello fisico come inteso oggi, ma di una “Guerra” per la sopravvivenza, un dono che la Natura fa all’uomo, il quale deve saper conquistare mostrando pietà e risolutezza. Nella mitologia mesopotamica come Dio della guerra troviamo anche Nergal, figlio di Enki e Damkina e sposo di Ereshkigal, la Signora degli Inferi. Anche Lui, come molti Dei della guerra di ogni cultura, è connesso al il fuoco e al calore solare.
AZTECHI: Spostandoci nel continente americano troviamo importanti Dei della guerra dalla natura molto sanguinaria. Nel culto Azteco in particolare gli Dei della Guerra erano numerosi, ricordiamo ad esempio Mixcoatl, detto anche il “serpente nuvola” o semplicemente “tempesta”, elemento atmosferico a cui era legato, insieme anche alla stella del nord e alla Via Lattea. Mixcoatl era dio della guerra e della caccia, nonché padre del Serpente Piumato Quetzalcoatl, dio della saggezza molto importante presso gli Aztechi. I suoi colori sono il bianco e il rosso e a Lui sono collegati gli spiriti dei guerrieri morti con onore che, una volta trapassati, divenivano stelle, ossia anime divine. Altro dio azteco della guerra è Xipe-Totec, dio che oltre alla battaglia patrocinava anche l’agricoltura, la primavera e il ciclo delle rinascite dopo la morte. Anche qui possiamo cogliere il lato protettivo degli dei marziali, infatti Xipe, detto per l’appunto “lo scorticato”, sacrificò la sua stessa pelle per nutrire l’umanità. E poi ricordiamo anche Huitzilopochtli, dio della guerra e del sole, era associato al sud, e infatti veniva soprannominato “colibrì del sud” o anche “colui che viene dal sud”. Egli veniva rappresentato con il volto nero e piume di colibrì, con un serpente e uno specchio nelle mani e a Lui venivano spesso offerti sacrifici di sangue. Si può notare che nel caso degli amerindi gli Dei della guerra sono rappresentati maggiormente nella loro componente cruenta piuttosto che in quella etica tipica invece di altre tradizioni analizzate o per lo meno questo è quanto ci è ad oggi pervenuto.
ARABIA: So che ad oggi può sembrare strano immaginare in terra islamica la presenza di credenze pagane, eppure anche questa parte di mondo ha avuto il suo pantheon di Dei pre-islamici. A parlarcene è Kate Ecdysis, di cui riporto la parte sugli Dei Arabi della Guerra.
Nell'insieme dei Pantheon dell'Antica Arabia Pagana troviamo moltissimi Nomi Divini legati alla Guerra. Non è semplice analizzarli tutti in modo dettagliato, perché purtroppo non tutte le cose sono state tramandate fino a noi, e molte volte mancano troppi elementi per poter eseguire comparazioni e confronti – tuttavia è possibile, osservando il quadro d'insieme, capire anche un po' di più il poco che abbiamo riguardo gli Dei. Gli Arabi Antichi erano un popolo formato da tante tribù, che non sempre erano vicine o in contatto tra loro, e che spesso accoglievano e integravano le influenze dei popoli confinanti: per raggiungere la loro origine pura dobbiamo cercare nel cuore del Najd, là dove i primi Beduini hanno delineato le più antiche forme di Culto. Beduino, che in Arabo si dice Badawi, deriva infatti dalla parola Bedaya, che significa “origine”. I Beduini erano (e ancora oggi sono, i pochi che restano) un popolo pacifico e fiero, capace di vivere in totale armonia con una Natura aspra e selvaggia, eppure capace di offrire loro nutrimento e quotidiana Bellezza. Per loro la Guerra era, più di ogni altra cosa, una Nobile Arte. A nord del Deserto del Najd vi era il culto di Shay-Al-Qawm, il Dio della Guerra il cui Nome significa “Colui che protegge”, e che veniva invocato sempre prima di ogni battaglia. In tempo di pace Shay-Al-Qawm non veniva mai dimenticato, perché era anche Dio della Notte, degli accampamenti e dei viaggi attraverso il Deserto. Sono state rinvenute iscrizioni dove viene chiamato “Shay-Al-Qawm il Dio'”, e altre ancora dove è associato a Dushara, Colui che è detto “il più Grande di tutti gli Dei”.
I discendenti dei Beduini sono arrivati fino allo Yemen, ed è laggiù, nel profondo Sud dell'Arabia, che troviamo Athar, Dio della Guerra e dell'Acqua. L'aspetto Guerriero di Athar non è affatto marginale – infatti il suo simbolo è una punta di lancia – tuttavia la sua peculiarità principale è quella di comandare l'acqua in ogni sua forma. Era conosciuto in molte parti d'Arabia con molti appellativi, tra cui Il Celestiale, Il Radioso, Lo Sposo di Shams.(che è la Dea del Sole) e “La Stella del Mattino”. ìNella regione dell'Hegiaz, dove sorge la città di La Mecca, il Dio della Guerra e della Vittoria è Hubal. Era raffigurato come un uomo maturo con la barba, in posizione seduta, e la sua statua, interamente realizzata in agata rossa, era stata posta sul tetto della Ka'bah. Gli uomini lo invocavano ogni volta che scendevano in battaglia, perché Lui aveva il potere delle Vittorie. In tempo di pace, gli Arabi andavano a rendergli omaggio alla Ka'bah e gli chiedevano oracoli tramite la divinazione con le frecce. Un fatto curioso è che ad un certo punto, non si sa come né quando, un braccio della statua rossa si ruppe, e siccome i Quraysh tenevano Hubal in gran conto, confezionarono un nuovo braccio in oro massiccio e lo fissarono in luogo del braccio mancante. Hubal, oltre che della Guerra e della Vittoria, è anche Dio delle Piogge benefiche e della Divinazione, e di Lui si è detto molte volte e in molti modi che fosse legato a ciascuna delle tre Al-Gharaniq, che sono le tre forme della Madre secondo il paganesimo Arabo. In lingua Araba, ha-baal significa Il Dio, e in Aramaico Hu vuol dire Spirito e Baal vuol dire Signore, ed ecco che Hubal Rabb-al-Bayt, il Signore del Santuario, esce dai confini d'Arabia e ci porta lontano. Gli Dei Arabi della Guerra sarebbero ancora molti, ma concluderemo parlando ancora di un solo Sacro Nome: Al'Uzza, Colei il cui Nome significa La Potentissima e La Veneratissima. Tutta l'Arabia la conosceva: Lei era la Dea della Guerra e delle Vittorie, ma anche delle Stelle e della Prosperità. Manat, Allat e Al'Uzza sono le tre Al-Gharaniq menzionate nei famosissimi Versetti Satanici, le Prime, figlie e le spose del Dio di Tutti gli Dei e al contempo le spose e le madri del Rabb-al-Bayt, il Signore del Santuario: Esse sono le tre forme della Triplice Madre. E anche qui, ancora una volta, la Madre manifesta la sua forma Guerriera, portando nel Sacro Nome di Al'Uzza l'equilibrio meravigliosamente ambivalente che sta tra Vita e Morte: formidabile Guerriera e terrifica distruttrice, Al'Uzza è al contempo Guaritrice generosa e dispensatrice di vivificante bellezza, perché tutto ciò che esiste di Sacro sotto al cielo stellato le appartiene.
Per approfondire gli Dei Arabi CLICCA QUI.
LE DEE DELLA GUERRA: La conclusione di questo interessante pezzo di Kate ci introduce ad un altro aspetto importante del mito della Guerra, ossia le Dee guerriere. Gli Dei della guerra, infatti, non sono solo in forma maschile. Una delle più note Dee della guerra è la romana Minerva, nota ai greci come Atena. Minerva è una divinità italica antichissima, discende dalla Menrva etrusca ed è considerata la dea della guerra giusta, della battaglia combattuta con lealtà e onore, dell’eroismo e del coraggio. Minerva però non era una Dea della guerra fisica quanto più potremmo dire che Ella patrocinasse la strategia marziale, l’astuzia e l’ingegno, qualità indispensabili da sfoderare sul campo di battaglia. La forza della Dea non stava tanto nella forza fisica quanto nella forza mentale e spirituale, qualità che, se unita alla sua propensione verso le virtù eroiche, fa pensare ad una Dea delle guerre ideologiche, delle sfide personali dell’individuo, delle lotte sociali volte ad una giusta causa. Minerva era anche protettrice degli artigiani, amava la gente creativa e ricca d’ingegno, e Lei stessa avrebbe inventato il carro e il telaio. In tale circostanza si può notare che questa Dea della guerra non è collegata all’agricoltura ma all’artigianato, pertanto la produzione di opere, sebbene alcune utili alla cura della terra. I suoi simboli sacri sono la civetta, l’ulivo, l’egida e la lancia. Per quanto riguarda l’aspetto più cruento della Guerra vi è da ricordare la Dea Morrigan, “la Grande Regina, la Signora dei fantasmi”. Triplice Dea poteva palesarsi in numerosi aspetti: Macha, Nemain (la frenesia, follia della battaglia), Badb (la cornacchia), la lavandaia del guado (chi la vedeva lavare la propria armatura in sogno, presagiva la sua morte; si dice che aveva sempre lo sguardo triste perché portatrice di cattivi presagi), tre streghe o donna bellissima vestita con un velato abito rosso (sotto questo aspetto tentò di sedurre l’eroe Cu Chulainn che la respinse). Anche in questo caso, abbiamo un legame tra la guerra e la sessualità. Secondo il mito, il “Dio Buono” Dagda la incontrò presso un fiume e la vide nuda, mentre faceva il bagno. Morrigan posava un piede su una riva e uno sull’altra sponda e portava i capelli intrecciati in 9 trecce. Si unirono carnalmente, in questo modo il Dagda si assicurò il suo aiuto e la sicura vittoria in guerra per i Tuatha De Danann. Anche in questo caso è un unione simbolica, perché è l’unione tra la forza della volontà, della luce, dell’abbondanza (Dagda portava con sé un calderone magico che era perennemente pieno di cibo e acqua, garantendo la sopravvivenza), con la forza fisica della tenacia, del coraggio, della frenesia e della follia della guerra; l’aspetto virtuoso e il puro ideale con la brutalità e la violenza necessaria all’atto della Guerra. È interessante notare che Morrigan fisicamente non è mai scesa in battaglia, ma agiva usando la magia druidica (lanciava palle di fuoco, privava gli uomini del coraggio e della forza, ecc.), ponendola quindi anche al rango di maga e veggente, ma anche come grande Sapiente; i druidi erano considerati infatti gli uomini/donne più saggi, tanto che erano ritenuti anche al di sopra dei Re e potevano influenzare con le loro decisioni ogni azione. Nella sua figura dunque si riuniscono guerra, sapienza, sessualità e magia. Esistono anche figure di Divinità Guerriere che sono feroci e puramente maligne, ma sono in numero davvero molto più irrisorio rispetto a quelle che in Verità incarnano la “giusta” Guerra e l’azione difensiva della battaglia. In Mesopotamia si trova la Grande Dea Madre Ishtar/Inanna. In un inno, “Preghiera Enheduanna in forma di inno” si parla di Inanna come:
“Regina dei decreti divini, luce radiante, donna che dà la vita, amata dal cielo e dalla terra, la Suprema”.
È pertanto evidente che il suo legame con la Guerra è solo un piccolo aspetto rispetto alla sua grandiosità. Essa è la forza rigeneratrice della natura, della vita stessa. È la rinascita dalla morte, la morte che è necessaria alla vita così come si evince dal mito della Sua discesa agli Inferi, dove viene spogliata di ogni bene materiale e poi ritorna alla terra più forte di prima (il ciclo della Natura, che muore d’inverno e rinasce a primavera). Inoltre è da sottolineare il suo legame con la sessualità. Si celebrava un rituale dal nome hieros gamos, un matrimonio sacro durante il quale il re si univa carnalmente all’interno del tempio con una prostituta sacra che doveva incarnare appunto Inanna/Ishtar. Tale rito aveva lo scopo di garantire la prosperità della terra, unendosi simbolicamente con la pura forza vitale. Il legame tra Guerra e Sessualità è presente in più tradizioni e in più divinità, ed è una associazione molto particolare e interessante che in parte abbiamo già colto nell’unione fra i nostrani Marte e Venere. Durante l’atto sessuale vi è la comunione di due opposti rappresentati dal Dio Femminile e il Dio Maschile, raffiguranti dunque l’equilibrio necessario per giungere alla vittoria finale. L’unione con un Dio o Dea della Guerra, dà garanzia di protezione e forza. L’atto sessuale in questo caso rappresenta il vigore, l’atto supremo di forza di un sentimento, della virtù che dà il coraggio di andare avanti senza il timore della morte. È l’azione che dà potere e legittima la battaglia, è la “giusta” azione da compiere in equilibrio tra moralità, onore e brutalità, crudeltà. Un rituale simile era usato anche dai Celti, ma per l’elezione del nuovo re, il quale doveva unirsi carnalmente con una delle Dee che incarnavano, ad esempio, la terra stessa di Irlanda. Secondo alcuni testi, il re doveva unirsi carnalmente con una giumenta, animale psicopompo che rappresentava l’unione dei due mondi. Uno dei mitici Re più famoso della stirpe divina celtica irlandese fu Nuada. Presso questi popoli il Re veniva scelto tra i rappresentanti della casta militare: era colui che aveva mostrato più coraggio, più forza, più sapienza (i campioni e gli eroi dovevano avere buona cultura, saper creare e conoscere la poesia, ecc.), integro nel corpo e nell’etica. Gli Dei non facevano eccezione a questa regola, dunque Nuada era anche un Dio-guerriero. Come sovrano esplicava questa funzione, garantendo l’abbondanza delle risorse (sia alimentari che di mezzi militari), distribuiva equamente i beni e sapeva sfruttare al meglio le qualità e capacità di ogni membro dei Tuatha De Danann, la stirpe divina. Egli era la forza motrice delle truppe, era la forza carismatica che incitava i guerrieri e punto stabile per ogni forza messa in campo. Durante la prima battaglia di Mag Tured contro un'altra stirpe divina, i Fir Blog, perse un braccio durante una sfida e fu costretto ad abdicare in quanto venne meno la perfezione richiesta per il suo ruolo, dato che il braccio destro rappresentava appunto il potere e la capacità distributiva. In seguito gli fu applicato un braccio d’argento, poi sostituito con un braccio in carne e ossa, potendo risalire al potere. La figura del Dio-Re Nuada incarna un aspetto della Guerra, ossia la capacità di equa distribuzione delle forze e del giusto scopo per cui si sta combattendo.
TRADIZIONE NORRENA: L’amputazione del braccio (oltre a farci pensare al curioso caso della statua del Dio arabo Hubal) ricorda un episodio simile in cui un altro Dio subì una mutilazione: Tyr, il Dio Norreno della “giusta Guerra”, del coraggio e del Valore. Mentre Thor è la forza fisica, la furia del guerriero, la brutalità del combattimento, Tyr è l’aspetto più spirituale: è il coraggio di affrontare ogni sfida, con onore, è la nobiltà della guerra, è il sacrificio che bisogna compiere per un fine più grande di se stessi. Tyr era l’unico degli Asi (gli Dei norreni) che aveva il coraggio di sfamare Fenrir (lupo figlio di Loki e una gigantessa). Quando divenne troppo grande e pericoloso, gli Dei vollero incatenarlo grazie a un inganno, ma Fenrir che non si fidava chiese che uno di loro gli ponesse la mano in bocca come prova che non c’era inganno nel loro intento. L’unico che si offrì fu Tyr. Quando il Lupo Fenrir si rese conto di non potersi liberare strappò la mano al Dio. Secondo alcuni studiosi, la mutilazione di Tyr ha un doppio significato: è il sacrificio necessario per raggiungere un bene più grande, è l’uomo che deve sacrificare parte di sé per giungere all’apice della sua esistenza spirituale (ricordiamo ad esempio Odino, che diede un occhio in cambio dell’infinita saggezza), ma è anche la “punizione” che Tyr subì per esser venuto meno alle virtù che incarnava, ossia l’onesta e l’onore della Guerra (partecipando consapevolmente all’inganno, rinnegò se stesso). A tal proposito vorrei riportare una breve riflessione di Jennifer Crepuscolo sul significato del braccio di Tyr, tratto da un suo scritto sulla simbologia del Tridente. (Dato che il post era lungo, ho deciso di riportarne solo un pezzo; al fine di una più chiara comprensione di questo stralcio su Tyr debbo premettere che nella parte iniziale del post Jennifer paragonava il Tridente alla Y pitagorica, simbolo della scelta fra sentiero di mano destra e sentiero di mano sinistra. Il Tridente era dunque emblema puramente satanico poiché portava alla completezza, la Terza Via oltre la dualità destra e sinistra, luce e oscurità.)
(…) Altro simbolo nordico che richiama il Tridente è la runa Algiz, simbolo di protezione, ed esistono infatti rituali di bando dove il Praticante si circonda di rune Algiz rosse per scacciare energie ed entità ostili. Allo stesso modo in Oriente si usano piccoli tridenti stilizzati negli Yantra di protezione, mettendo per esempio al centro del glifo il nome della persona da proteggere e attorno i Tridenti con le punte rivolte all'esterno. Ma tornando ad Algiz occorre ricordare che oltre che protettiva è anche una runa d'illuminazione. Mi verrebbe infatti da pensare che la stessa la Dea Madre (Signora indiscussa dei Culti Misterici) viene spesso raffigurata con le braccia verso l'alto che, (sommate al capo), formano una Algiz, un Tridente. Lo stesso Cristo è spesso rappresentato sulla Croce in modo simile e anche lui, da un punto di vista gnostico, può rappresentare l'Ascensione ottenuta attraverso la morte iniziatica. Idem si potrebbe pensare di Odino, il quale viene appeso all'Albero della Vita, un aneddoto che io personalmente ho sempre associato alla Discesa nella Carne, la nascita terrena, (casualmente dura infatti 9 giorni, così come la Discesa di Demetra... Forse equivale ai 9 mesi di Gestazione?) La partecipazione del Dio ad un mondo duale e terreno rappresentato appunto dalla Y pitagorica e che, in seguito al sacrificio personale, conduce nuovamente all' Ascensione, alla sacra rinascita, ossia la Terza Via del Tridente. Ultimo spunto relativo a questo ragionamento delle braccia è sul Dio norreno Tyr, equivalente del Marte Romano. Tyr era il dio della guerra, noto a tutti per il suo grande sacrificio che lo portò a perdere il braccio destro durante lo scontro con il pericolo lupo Fenrir. Il sacrificio in questione è particolare, giacchè Tyr alla fine rischia consapevolmente di perdere il suo braccio pur di proteggere gli altri Dei. Il fatto poi che perda il braccio destro mi fa molto pensare, perché simbolicamente potrebbe rappresentare proprio la parte luminosa dell'anima, il lato solare che il Guerriero è spesso costretto a sacrificare per proteggere gli altri. In questo modo la tenebra, l'aspetto sinistro e sanguinario del Guerriero, non assume più un'accezione negativa bensì diventa un elemento indispensabile per esercitare la sua funzione eroica e salvifica. Tyr infatti è sí un dio della guerra, ma è anche il patrono della Giustizia. Ecco dunque che in tale frangente la stessa violenza non è più fine a se stessa ma diviene un mezzo con cui tutelare l'ordine naturale, così la tenebra diviene custode della luce, e la stessa morte sostegno della vita.
INDUISMO: Parlando di divinità femminili della guerra troviamo in ambito induista un aspetto decisamente guerriero della Devi, ossia la magnanima e al contempo feroce Durga. Ella è rappresentata mentre cavalca un leone o una tigre, elemento che simbolicamente può richiamare senza dubbio la forza determinata dal controllo sugli istinti e le forze primordiali. Durga è bellissima, si dice sia stata creata dagli Dei per sconfiggere un Ente malvagio e come Ishtar anche Lei ha in sé potere creativo e potere distruttivo. Altro importante Dio della guerra del pantheon indù è senza dubbio Indra, Signore della Guerra, della folgore e della magia. Anche in questo caso troviamo una natura ambivalente, un Dio iracondo e molto violento in battaglia ma che al contempo si rivela un baluardo di sapienza, saggezza e onore. Nel caso di Indra voglio portare l’attenzione su un episodio in particolare, ossia quando uccide il fratello Vrtra ai fini della creazione.
“Al principio Vṛtra, il serpente costrittore, avvolgeva ogni cosa dentro sé e perciò conteneva il mondo dentro il suo stomaco. Egli era totalmente immerso nella contemplazione di sé stesso da non permettere che la manifestazione fluisse, perciò Indra per realizzare il mondo fu costretto a sacrificare il fratello. In un certo senso Vṛtra e Indra sono lo stesso principio, ma Indra volendo gustare della beatitudine di percepire l'altro, decide di distruggere il mostro costrittore e far sì che la possibilità universale contenuta all'interno di esso si realizzi in atto. Tagliando a metà Vṛtra dalle due parti si formano il sole e la luna e dal suo stomaco escono, anche qui a seconda dei mantra, acqua o vacche (simbolo delle nuvole). Vṛtra è anche considerato una fortezza inespugnabile e perciò Indra è chiamato il distruttore di fortezze. La fortezza, essendo simbolo dell'inespugnabilità per eccellenza, in termini vedici assume spesso la figura di una notte senza stelle, dell'oscurità (grande nemica di Indra), perciò Indra squarciando la notte-fortezza-oscurità, genera Uṣas (l'aurora). Dalla distruzione di Vṛtra perciò Indra ricava così l'acqua (Soma) e il fuoco (Agni)”.
A tal proposito vorrei riportare un pensiero di Jennifer Crepuscolo, tratti da alcuni suoi articoli. In Etica Satanica troviamo riguardo alla Dualità questo:
Nel mondo fenomenico - per intenderci quello fisico – l’essere umano è soggetto alla Dualità. La Creazione stessa è il risultato di un amplesso cosmico che ha portato la Monade eterica a scindersi nella Dualità terrena, un concetto che potrei illustrarvi attraverso l’immagine di un grande Ouroboros che, spezzandosi, genera a sua volta un Caduceo. Il Grande Serpente, il Drago, diviene così i due Gemelli Divini, diviene Ida e Pingala, e attraverso queste due polarità tutto il Visibile si genera e l’anima incarnata ne ricava una via esperienziale utile alla sua Evoluzione.
Questo concetto viene ripreso e ampliato in Creazione dell’Universo:
L’intervento di una forza attiva e fulminea trasformerà un’Unità energetica primordiale in una molteplicità di energie frammentarie e intelligentemente strutturate. La Saetta dell’archetipo solare determinerà il passaggio dell’Essenza akashica da Uroboro a Caduceo. L’Uroboro è la raffigurazione di un Serpente che si morde la coda, a simboleggiare l’eternità del presente non soggetto a partizioni temporali e dicotomiche. Il Caduceo, contrariamente, rappresenta la monade uroborica scissa nei suoi due poli estremi, le due serpi Ida e Pingala che si avvolgono lungo Sushumna, pilastro della stabilità umana. Il Caduceo è l’effige del mondo materiale, l’energia amorfa dell’Origine che si separa per generare la dualità terrena, proiezione in cui l’Anima esperisce la Vita. Dall’unione carnale della Saetta Solare e della Serpe lunare, nascono i Sacri Gemelli, reggenti del mondo, uniti dallo stesso seme, seppur indipendenti, speculari e opposti.
E infine in Definirsi Satanisti fra Etimologie e Significato alla etimo greca di Diavolo troviamo:
Diavolo quindi significherebbe “colui che divide” e secondo il pensiero cristiano questo viene interpretato come “colui che vuole dividere l’uomo da Dio”. La mia teoria è che Satana, in quanto creatore, sia colui che divide, ossia crea la polarità per poter dar luogo al mondo fenomenico, permettendo così alla nostra anima di fare esperienza. Colui che divide l’Oroboro, simbolo dell’assenza di spazio, forma e tempo, e crea il Caduceo, il doppio serpente, la dualità del mondo materiale, fatto invece di forma, spazio e tempo, un luogo in cui conoscere, imparare e ascendere. Non a caso il caduceo ha un significato positivo, di illuminazione e sapienza. Diavolo diventa colui che separa l’Uno e genera la vita, genera le differenze, la varietà; Diavolo chi separa la Stasi e ne crea il Dinamismo, il suono, la vibrazione. Diavolo che come una folgore che separa il mare magnum uniforme delle tenebre e ne ricrea nuove forme, immagini e colori. Diavolo quindi come creatore, Bagatto, alchimista, precursore della vita.
In questa breve analisi di Jennifer si nota come la divisione dell’Oroboro in due parti (Caduceo) generi in qualche modo la dualità e con essa l’esistenza terrena. Questo è nei fatti ciò che fa Indra quando taglia in due il fratello, chiamato non a caso “Il serpente costrittore” (l’Oroboro è un serpente che si morde a coda). Qui Indra fa in un certo senso la stessa cosa che ritroviamo anche in Onuris/Shu, il Dio della guerra egizio che, come abbiamo visto, al fine della Creazione deve separare Geb e Nut. Nonostante però questo atto sia senza dubbio concepito come violento, come un vero e proprio sacrificio, da esso ne sortisce comunque la vita, la luce che si genera dalla stessa oscurità. “Colui che divide” diventa pertanto il luminoso creatore, il Bagatto dei Tarocchi chiamato anche il Mago (non è forse Indra Signore della Magia?) che con la sua folgore (altro simbolo di Indra) separa le acque oscure del Caos (associabili all’Arcano Zero dei Tarocchi che precede appunto il Bagatto). Da questa ricostruzione si evince ancora una volta come un Dio della Guerra possa essere a tutti gli effetti un Signore della Vita, un Padre e una Madre, un Mago che attraverso un atto dinamico crea e protegge il creato.
VODU: Anche il pantheon Vodu può contare sulla presenza di divinità guerriere e ancora una volta prendo in prestito le parole di Kate Ecdysis, Satanista che da anni studia questa misteriosa e affascinante tradizione.
Nell'antico Dahomey la Guerra non è sentita in modo viscerale come invece accade in molte altre culture: il Vodu Ancestrale si delinea prima di tutto come Culto di Conoscenza e Guarigione, volto all'Evoluzione e al raggiungimento di uno status Divino nell'Oltre. Tuttavia ciò non significa che la Guerra non sia considerata, né che il suo valore sia misconosciuto: gli Dei della Guerra esistono anche qui, e occupano posizioni oltremodo rilevanti all'interno del Pantheon, presentando caratteristiche legate all'Arte del combattimento, unite ad altre peculiarità che ne estendono il significato anche agli aspetti metaforici, iniziatici, archetipici e rituali. Il primo di tutti è Ogun, Divinità Ancestrale e purissima filiazione della Prima Origine. Ogun ha una meravigliosa ambivalenza: Egli ama più di tutto dare il bene, dispensare il benessere e promuovere la pace, eppure allo stesso tempo combattere gli piace, e in questo è davvero formidabile perché è un vero Maestro, svelto, abile, intelligente e forte. Oltretutto è invulnerabile - e neppure il fuoco può scalfirlo, perché la Sua Essenza deriva dal Magma Arganyu Shola - eppure anche in tempo di pace Ogun non si annoia mai, perché sa costruire armi con impareggiabile maestria, è un inventore geniale ed è anche un eccellente costruttore di rifugi. Come se non bastasse, ama insegnare le sue Arti agli Uomini: di Lui si dice che un tempo venne sulla Terra con un corpo di Uomo e diventò un Re, per poter avere la possibilità di insegnare alle persone. Insegnò tutto quello che gli uomini poterono imparare, e poi se ne andò via, aprendosi la strada attraverso la foresta con efficaci fendenti di machete, perché è questo che fa Ogun: ovunque va, qualunque cosa fa, Lui apre strade. Temibile, bellissimo, terribile eppure benevolo, il Suo Valore più importante è la Giustizia e la Sua Manifestazione è il Tuono, che riecheggia il rumore della Guerra, eppure promette pioggia per rendere fertile la Terra.
Così come non c'è Tuono senza Fulmine, allo stesso modo non c'è Ogun senza Shango. Potentissimo Dio del Cielo, Shango crea e governa il Fulmine, e dal Fulmine sprigiona il Lampo che biancheggia, impietoso, sulla nuda realtà dei fatti: il primo Valore di Shango è Verità. Non ha mezze misure e non si preoccupa di darsi alcun contegno, perché Shango è emozione, passione impetuosa, rapidità incontrollabile. Intelligente oltre l'immaginabile, il suo pensiero è immediato, la sua capacità reattiva è subitanea: impareggiabile maestro del combattimento, dell'Arte della Guerra Egli governa più di tutto la Tattica e la Strategia. Formidabile e terrificante, Shango è inarrestabile, violento, impetuoso: lo è nell'estasi sublime tanto quanto nell'aspetto più oscuro della Morte. Lo è anche quando ride e gioca, perché Shango è così, a lui non importa niente di volersi dare un tono perché non ne ha bisogno. I fulmini non gli fanno niente e allora si diverte a scagliarseli sui genitali per vedere che faccia fa la gente, e ride di gusto, perché chi è consapevole della propria forza ride senza alcun timore. Camminare con Shango è bellissimo e terribile. Maestro dell'Arte della Guerra e della Magia, Egli spinge a fronteggiare ciò che è imprevedibile, cavalcando il vento del cambiamento repentino e abbandonando ogni formalità - tuttavia, per Shango la Giustizia è un valore imprescindibile, e chiede molto impegno ai suoi devoti, spesso mostrandosi severo al limite della violenza: al discepolo di Shango è richiesto di sviluppare un equilibrio sovrumano e una disciplina ferrea. In cambio, Shango non lascerà mai soli quelli che reputa degni, combattendo al loro fianco sia nel mondo spirituale che in quello materiale, li avviserà dei pericoli, li proteggerà strenuamente e colpirà con durezza chi oserà tentare di far loro del male ingiustamente. Ancestrale quanto Ogun, anche Shango è parte delle primissime filiazioni dell'Origine, e in un certo senso è parte di Ogun stesso: ne abbiamo sentore già contemplando i loro Veve, ma più di tutto ce lo mostra con chiarezza sconcertante il Veve di Sobo-Badeh.
Sviluppato come una grande V, questo Veve presenta su ciascuno dei due assi quel che può sembrare a prima vista una lettera dell'alfabeto su ciascuno. La S di Sobo ci rimanda al Serpente, la B di Badeh ci rimanda alle corna dell'Ariete - e come vedremo, questo è molto significativo. Cercherò di essere più concisa possibile. Sobo è Colui che raccoglie i Fulmini, Badeh è Colui che raccoglie il Vento, e ciò significa che Essi ne dispongono così come un contadino raccoglie i frutti del suo campo. Sobo fa parte dei Lwa Rada dell'Aria e del Fuoco ed è un Guerriero molto forte e saggio. Il suo altro aspetto è il Guaritore. Sobo ha un gemello, che si chiama Legba Carrefour (=Met Kalfou) e a volte capita che possano apparire insieme: quando questo accade, Sobo assume sempre la funzione di Medico e Guaritore, mentre Carrefour si svela nella sua antica Essenza di Sakpata, Colui che è il Mistero dell'Aria e del Vento, e che è in grado di portare la malattia e la devastazione (anche se preferisce di gran lunga portare Conoscenza e benessere, donare l'abbondanza dalla Terra, e insegnare la maestria nel lavoro manuale). L'arma di Sobo è un'ascia bipenne, costruita con le corna di un caprone che Sakpata gli donò: così, da sempre, quando il fragore dei tuoni echeggia in cielo produce un suono che ricorda lo scontrarsi delle corna, ed è il rumore della Guerra eterna per il mantenimento dell'equilibrio tra Creazione e Distruzione. Il Caprone, che è il Messaggero di Sobo, è anche simbolo di Badeh – e questo ci rimanda alla B sul suo asse del veve, che ricorda appunto un palco di corna stilizzato. Badeh contiene in sé gli aspetti distruttivi di Sakpata, e qui il cerchio si chiude, siamo arrivati al punto in cui ci rendiamo conto che Sobo-Bade sono due ma sono anche una cosa sola. Qui viene il bello: Sobo-Bade ha anche altri Nomi, uno dei quali è Ogou-Shango.
Altro particolare significativo che accomuna Ogun e Shango è la loro sposa: Oya, conosciuta anche come Yansa o Aveji Da, è la Madre del Caos, Signora del Fuoco e del Vento. Di Lei si dice sia stata sposa di entrambi i formidabili Dei della Guerra – eppure Lei è nata dalla Mawu insieme a Loro, parte integrante dell'Origine ancestrale. Oya è il Vento ed il Respiro, Colei che avanza fiera con le fiamme nelle mani e danza in spirali senza fine, portando la Devastazione per distruggere la Stasi. Lei è il Cambiamento, è la Distruzione che annienta ciò che è destinato a ristagnare, è la Tempesta che spazza via l'inutile e sgombra l'orizzonte. Guerriera formidabile, maneggia il Machete con maestria, sia nelle Guerre combattute sulla Terra, sia nel Mondo Astrale. Dove passa Oya nulla resta fermo, il campo si sgombra, l'orizzonte si apre sull'immenso e la rinascita diventa una realtà possibile. Allora Lei resta, e dona a piene mani fortune propizie ed abbondanza. Un'altra Famiglia di Lwa Rada profondamente legata ad Ogun, è quella dei Kisimbi. I Kisimbi sono Lwa Serpente che ad un primo sguardo non sembrano particolarmente connessi con l'Arte della Guerra: maghi potentissimi particolarmente legati all'Acqua, i Kisimbi sono silenziosi e schivi, amano la frescura delle rive e l'ombra delle foglie, ed esprimono la loro immensa forza manipolando l'Energia e muovendosi negli spazi liquidi attraverso i Mondi. Eppure un canto antico dice:
Simbi dell'Acqua è nella sua casa
Papa Ogun lo è venuto a trovare.
Questo ha tremendamente senso: tra tutti i Kisimbi ce n'è uno che si chiama Simbi Ganga, che è proprio un Soldato. Protettivo e coraggioso, Simbi Ganga è un combattente fiero. Piano fisico o Piano astrale per Ganga non fa differenza, Lui scende in campo insieme ai suoi Devoti. Per Lui si canta così:
Simbi Ganga io ti sto chiamando
e se porteranno i coltelli
e se porteranno le spade
io non avrò paura.
Per approfondimenti sul Vodu CLICCA QUI.
GIAPPONE: Sempre in merito ai numi della guerra merita particolare attenzione il Giappone, patria dei Samurai, casta guerriera che da sempre rappresenta un grandioso esempio di etica cavalleresca. Il dio della guerra e protettore dei samurai è Hachiman, considerato anche patrono stesso del Giappone, degli agricoltori (ennesimo collegamento fra guerra e agricoltura) e dei pescatori. I Samurai non erano solo abilissimi nell’arte del combattimento, essi avevano un rigoroso codice morale che prende il nome di Bushido, la Via del Guerriero, ed incarnava valori importantissimi per la comprensione profonda di questo articolo. I principi di questa nobile filosofia sono:
Gi - Onestà e Giustizia: “Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”.
Yu - Eroico Coraggio: “Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte”.
Jin – Compassione: “L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli”.
Rei - Gentile Cortesia: “I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato”.
Makoto - Completa Sincerità: “Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa”.
Meiyo – Onore: “Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso”.
Chugi - Dovere e Lealtà: “Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile”.
ARMI SACRE: Altro dato interessante da notare è che iconograficamente quasi tutte le divinità associate alla Guerra portano come arma principale una lancia e non la classica spada. La lancia è il raggio di luce che colpisce il bersaglio, basti pensare ad esempio al Dio della luce Lugh, il Samildanach “esperto di molteplici arti” che era appunto il portatore della lancia, anche se in alcune tradizioni viene scambiata con la spada di Nuada. La lancia ha un significato simile alla freccia, la forza travolgente della battaglia, che mira dritta alla vittoria finale. La lancia è anche una delle armi più usate anticamente, in genere la prima arma che si dava a un giovane arrivato all’età della maturità. Si può ricordare ad esempio lo “spiedo” di Odino, una sorta di piccola lancia che Egli scagliava sul campo di battaglia decidendo le sorti dello scontro. In genere la lancia non dà scampo, indica un volere contro il quale nulla può sfuggire. È la determinazione, è la volontà divina che rende “visibile” il suo giudizio.
La spada invece è maggiormente legata all’aspetto guerriero più spirituale: rappresenta le emozioni che guidano ogni azione, è il fuoco che può sia purificare sia distruggere, è il simbolo del potere. Interessante è notare che in molte tradizioni la spada è associata al punto cardinale del Sud, oltre che al fuoco. Il Sud è legato alla luce, al Sole, allo splendore interiore che ricaccia l’abisso. È la forza sprigionata da “dentro”, l’anima più forte della materia. Non a caso è diventato simbolo del classico cavaliere medievale senza macchia e senza paura e in questo caso non si può non ricordare la mitica Excalibur, la spada di Re Artù: in alcune tradizioni fu estratta dalla roccia, evocando il simbolo della Terra che offre la sua forza generatrice, la Grande Madre che mette in mano al Suo prescelto il suo potere distruttivo; in altre tradizioni, l’Excalibur gli fu donata dalla Dama del Lago, chiamata Nimue (anche se alcuni ritengono che invece sia una figura derivata dalla “lavandaia del guado”, quindi Morrigan). Anche in questo caso è l’elemento essenziale della vita che offre il mezzo per proteggerla, offrendo la sua capacità di decidere la vita e la morte della Terra.
Altra arma dall’alto valore simbolico è l’ascia bipenne, anche detta Labrys o, meno usuali, Pelekys o Sagaris. Questa arma è stata associata a Giano per la sua doppia lama che richiama i due volti del Dio, rivolti uno al passato e uno al futuro, dove la folgore (il fulmine di cui abbiamo parlato più volte all’interno di questo articolo) richiama il centro del tutto, l’essenza dell’attimo presente. Il termine Labrys deriva da labirinto, simbolo della prova iniziatica per eccellenza, ossia il perdersi seguendo strade tortuose per poi finalmente ricongiungersi al centro del Sé. Proprio a Creta, infatti, l’ascia bipenne era il simbolo sacro del Dio Supremo, chiamato appunto Labrys. Nel labirinto di Knosso era posta al centro proprio un’ascia bipenne. Anche la Dea Madre minoica, La Signora dei Serpenti, aveva come simbolo sacro il Labrys, simbolo legato al tempo ma anche alla trasformazione, richiamando nelle sue forme la clessidra e anche la farfalla. Ma l’ascia bipenne era per i Cartaginesi anche simbolo legato alla Dea Tanit, mentre per i per i Caldei l’ascia era l’emblema di Ramou, il Dio supremo detto appunto “Dio dell’ascia”. Gli Egiziani la attribuivano a Aroueris, primo nome dato a Horus risorto e altre tracce dell’ascia bipenne son stati ritrovati anche presso gli Aztechi e in seno al culto di Zeus.
Infine, altra arma sacra è l’arco e le frecce, da sempre simbolo di guerra e caccia ma anche della forza vitale, del fulmine e della luce. L’arco è sempre stato considerato un’arma regale e cavalleresca, un’arma che, come racconta in particolare la tradizione orientale, non necessità di forza fisica ma di forza spirituale, ossia attenzione, ferrea volontà e un cuore puro. Secondo i Cinesi, infatti, chi ha un animo nobile centrerà subito il suo bersaglio. Arco e freccia sono il simbolo sacro del potente Shiva, ma anche del Dio del sole Apollo, del Dio egizio Anubis e della Dea della caccia Diana. Anche Cupido, incarnazione dell’amore, ha come arma l’arco, a simboleggiare la violenza fulminea con cui il sentimento può scattare. Nella psicologia del profondo è il Sagittario a raccontarci meglio l’essenza dell’arco: un grosso centauro, creatura per metà umana e per metà bestia, che scaglia una freccia verso il cielo. Essa è a parer mio la perfetta manifestazione dell’uomo animale che cerca di penetrare con la sua freccia di luce oltre la fitta coltre di tenebre, fino a raggiungere il cielo e il sole, fonte di una luce più grande. L’arco è anche simbolo fallico, essa richiama infatti al membro maschile che con vigore scaglia il suo dardo fecondante. Il fulmine e il sole sono fortemente legati all’arco, infatti presso sia presso i Nativi Americani che in Oriente, c’era la tradizione di dipingere le frecce son una linea rossa a zigzag, volta proprio a rievocare l’iconografia del fulmine e del raggio solare. Altra curiosa leggenda legata all’arco è quella di Ulisse, il quale era l’unico che riusciva a usare il suo arco, nessun’altro, a rimarcare dunque il suo potere di re. Questa leggenda non ricorda forse la spada di re Artù?
Insomma, come possiamo notare tutte questi strumenti di guerra, nonostante il loro uso sanguinario, incarnano quasi sempre il significato di fuoco, luce e fulmine, tutti elementi volti a simbolizzare la potenza dell’azione, l’energia del dinamismo con cui ogni essere vivente perpetua i moti dell’esistenza.
DEMONI DELLA GUERRA: Quando si parla di Dei della Guerra, in ambito goetico, non è semplice, nel senso che i Demoni, in quanto tali, sono impegnati insieme a Satana in una grande battaglia al fianco dei propri figli e pertanto quasi la totalità delle Fiamme Sataniche agisce come un nobile Dio della guerra. In tale contesto ci limiteremo a citarne solo alcuni con cui abbiamo avuto dirette esperienze. Parto riportando alcune descrizioni di Jennifer:
Baal – Baelzebub - è un grande signore del comando, un dio che, come il toro a Lui sacro, sa essere molto benevolo e saggio in tempo di pace, così come può diventare feroce e inarrestabile una volta scatenata la sua ira, una furia mai immotivata e quasi sempre scatenata da quegli eventi che tendono a sovvertire l’ordine naturale o semplicemente ferire ingiustamente i suoi figli. Baal è infatti un Dio molto protettivo e la sua forza è davvero simile a quella del toro: calmo, imponente, imperturbabile, scatena tutta la sua potenza quando meno te lo aspetti, solitamente quando la sua proverbiale pazienza è arrivata al limite. Baal muove guerra solo quando è strettamente necessario ma se lo fa è escluso che possa perdere. Egli desidera la collaborazione e il cameratismo all’interno della Famiglia di Satana e non sopporta chi in nome di ego, invidie e antipatie personali crea divisioni che indeboliscono il gruppo dall’interno. Baal odia l’infamia e il tradimento, è un Dio bonario e protettivo ma anche ferreo nell’esercitare la giustizia, oltre ogni buonismo.
Altresì si potrebbe dire dell’implacabile Azazel, un Dio noto per la sua abilità nella creazione e nell’uso delle armi e per la sua tenacia in combattimento. Azazel ha il sé l’aspetto purificatore del sole, un sole ardente che non si limita più soltanto a rischiarare e riscaldare, ma può anche bruciare al fine di eliminare tutto quello che è corrotto e dannoso per l’ordine naturale. Azazel è un Dio della natura, legato ai cicli e alle stagioni, Egli è il fanciullo radioso del Solstizio d’Estate, capace di infondere nei suoi protetti forza, entusiasmo e coraggio, ma al contempo talvolta anche eccessiva esuberanza e avventatezza. Azazel ha un temperamento sanguigno, ha la forza di un fiume in piena e quando è preso dall’ira diviene irrefrenabile e impetuoso. Questo Principe Incoronato detesta profondamente le ingiustizie, gli abusi, la corruzione e se scopre qualcuno con tali basse qualità farà tutto quello che è possibile per fargliene pentire.
Un Demone della Guerra che non possiamo ignorare è poi l’oscuro Glasya Labolas, un Dio dai tratti efebici e l’astuzia dei vegliardi. Glasya è silenzioso e molto legato all’aspetto sinistro del Culto, Egli insegna a combattere attraverso la Magia e non di rado si è rivelato sanguinario con i Nemici del Culto. Glasya ama la natura selvaggia e isolata, dove il Satanista può addestrare se stesso per la Guerra Spirituale di cui è protagonista, attraverso la Magia e anche attraverso l’azione terrena. Glasya sa insegnare ai suoi eletti forti capacità persuasive, nonché l’abilità di riconoscere inganni e rivelare i segreti dei nemici. Questo Dio silenzioso, apparentemente freddo, le sue lezioni sono dure e i suoi protetti sanno che con Lui non c’è spazio per la debolezza o la schiavitù derivante da un’incontrollata emotività. Tuttavia, ironia della sorte, Glasya può favorire la follia estatica e il totale abbandono dei freni inibitori. Sua è la meditazione sciamanica e altrettanto sua è l’abilità di aprire varchi dimensionali per attingere alle energie caotiche, sebbene il suo codice di onore sia comunque ferreo. Anche Glasya infatti, nonostante i suoi metodi spesso estremi, è un Dio che odia l’infamia, il disonore e la codardia. È un Ente che preferisce operare nell’ombra e di Lui si dice che fosse Guardiano di una setta mistica di monaci guerrieri che abitavano come eremiti sulle montagne, asceti guerrieri che spesso scendevano dalle montagne per fare delle incursioni nei centri abitati, uccidendo segretamente quelle persone che avevano osservato e identificato come persone malvagie e senza onore. Non è infatti raro che un Demone possa divenire Guardiano non solo di un singolo Iniziato ma anche del suo stesso gruppo. Ciò accade quando un Ente prende particolarmente a cuore una realtà satanica, magari quella fondata da un suo protetto, scegliendo così di estendere il suo patrocinio anche a tutti i suoi membri realmente coinvolti. A differenza però delle stupide ed egoiche faide umane fra differenti gruppi, gli Dei della Famiglia di Satana restano sempre complici e cooperativi, cercando sovente di unire i membri più autentici di ogni gruppo ed ostacolando gli elementi corrotti.
Kate poi ci parla anche di altri importanti Demoni guerrieri che ha incontrato:
Halphas è il soldato valoroso, colui che è condottiero formidabile e magnifico Maestro dell'Arte della Guerra. Halphas è in grado di dominare e gestire tutti gli aspetti della Guerra: Egli è capace di edificare Fortificazioni e Torri, e dalle Torri osserva e vede, provvedendo puntualmente all'approvvigionamento di armamenti ed elaborando eccellenti Strategie. Oltre a questo è un combattente inarrestabile, in grado di maneggiare la spada con maestria e di comandare il Fuoco, tramite cui può radere al suolo le fortificazioni avversarie. Strenuo fautore di Libertà, Verità e Giustizia, si dice che possa decidere di scatenare guerre per il piacere di sconfiggere i nemici di coloro che gli stanno a cuore, e che ami unirsi personalmente alla battaglia, per sostenere i Suoi e anche per il piacere di prendere parte al combattimento. Anche in tal caso vediamo dunque in questo Signore della Guerra una divinità che lotta per proteggere ciò che gli è caro e non per semplice smania sanguinaria.
Un altro Dio che presenta aspetti di Guerriero è Volac. Questa mia affermazione suona senz'altro inaspettata, perché guardando il bellissimo Fanciullo dei Serpenti, di sicuro non ci viene in mente nulla che sia collegabile alla Guerra - e inoltre, onestamente, su Volac non si trova mai praticamente niente: l'unico modo per trovare Volac è cercare Lui, lasciare che i suoi silenzi tessano strade attraverso il Mondo Antico. Un giorno ho trovato Volac tra i Kisimbi, descritto in ogni suo aspetto: Makaya il Mago, che piega la Realtà manipolando l'Energia, Anpaka che sa guarire ogni male e ogni maleficio, Andeezo-Dlo che tutto vede, celato dalle sue nicchie d'Ombra e di silenzio sulle rive, eppure così legato a Ogun, perché è nella sua Casa che Papa Ogun è venuto a trovarlo. Perché Ogun è nella casa di Simbi? Cosa ha a che fare Simbi con il Tuono, e con la Guerra? La risposta è Simbi Ganga, il Soldato coraggioso che protegge i suoi Devoti: l'aspetto Guerriero dei Kisimbi. Restiamo su Ganga: Lui ha Arco e Frecce. Impaziente di conoscere, di Volac, le sue altre Armature e tutte le sue Vesti, mi sono imbattuta in Wadd, il Dio delle Oasi e dei Serpenti caro ai Pagani dell'Arabia Antica: qui ho trovato un Dio di Pace, il cui Nome significa Amore nel suo significato più puro di Fraternità e Amicizia vera. Wadd dispensa Acqua e frescura, detesta la sofferenza non necessaria, rifiuta i sacrifici e preferisce che gli si offra latte. Risplende nel punto esatto in cui la prima e l'ultima falce di Luna incontra Venere e vive ovunque scorra acqua vivificante sotto il cielo della sera. Lui sa guarire e concede il bene generosamente, e la sua paredra, Suwa, è la Dea della Serenità. Eppure Wadd è armato fino ai denti! Ha sia Lancia che Spada, e ha anche Arco e Frecce. Ha anche due fratelli: Nakruh, il Dio di Saturno, e Hubal, il Dio rosso che ha il braccio destro d'Oro e che è il Maestro della Guerra. Wadd è quello che, se viene invocato prima di scendere in battaglia, porta la Vittoria in combattimento. La strada per capire appieno Volac-Dio-Della-Guerra è ancora molto lunga, eppure già da ora in qualche modo so che Lui è anche questo. Non solo, ma anche. Vento fresco e tempesta, silenzio assordante e scatto letale, acqua e pietra, sorriso e Ombra. Per quanto poco possa valutare certe questioni umane, per i Suoi Lui c'è, e se è tempo di Guerra, Volac è un Maestro anche in questo
Questi riportati sono solo alcuni esempi di come gli Dei della Guerra siano in realtà molto più complessi di quanto banalmente si possano considerare e di come siano associati di fatto più alla vita che alla morte. Diventa evidente come essi incarnino un equilibrio perfetto tra la crudeltà della battaglia e il senso di giustizia più puro. Fra tutti c’è da citare infine una divinità molto fedele a Satana, fedele alla Madre e alla sua Famiglia Spirituale. Questa divinità spesso diffamata, soprattutto perché se ne è sempre considerato unicamente l’aspetto cruento e selvaggio. Mi riferisco al grande Signore della Foresta, del Fuoco e del Sangue, ossia il nobile Andras. Questo potente Dio è citato nella Goetia come colui che è l’emblema della pura crudeltà fine a se stessa, un signore oscuro e terribile noto per aver ucciso numerosi evocatori indegni del Sacro Satanico, un Demone di fronte al quale bisogna tremare e temere. E sarò sincera, questo aspetto è reale, è presente, fa parte del Suo Essere, ma questa terrificante ferocia nei fatti contro chi è rivolta? Così come nelle molteplici forme degli Dei Guerrieri del passato, allo stesso modo Andras mostra la ferocia del Lupo e l’oscurità del Corvo, una tenebra e una violenza primordiale da tirar fuori quando è necessario difendere, proteggere o riportare nel giusto equilibrio determinate situazioni. Andras, nell’aspetto guerriero, è la Giustizia allo stato puro, è l’equilibrio tra la bellezza di un’emozione e la forza cruenta della spada che dilania la menzogna, la potenza della lancia che non lascia scampo. In Andras si riassume il significato più puro dell’antico ideale associato alla Guerra: il duello tra i due re che decidono le sorti della battaglia senza coinvolgere il popolo inerme. Nelle leggende celtiche, il re Nuada, dopo aver perso il braccio, fu nuovamente sfidato da Sreng (colui che nella prima sfida lo mutilò); egli non esitò un solo istante e accettò pur essendo gravemente ferito, ma chiese che egli si legasse un braccio alla schiena in modo che il duello fosse alla pari. Sreng rifiutò, perché nel primo scontro essi erano alla pari, allora gli Dei decisero di porre fine alla Guerra lasciando a Sreng un territorio a sua scelta, per una civile convivenza fra loro. Equilibrio: il coraggio del guerriero di affrontare una battaglia pur sapendo di essere nettamente in svantaggio e la saggezza di scegliere come e quando combattere, come porre fine alle violenze. Anche questo fa parte dell’antico concetto della Guerra, che spesso è necessaria ma non è la sola arma di cui un uomo dispone; è il guerriero che sa scegliere le giuste battaglie.
Per approfondimenti su Andras CLICCA QUI.
Oggi giorno gli Dei della Guerra hanno assunto il significato che nei tempi moderni viene dato alla guerra stessa: sono diventati mostri sanguinari, esser brutali il cui unico scopo è portare devastazione e morte, dimenticando quello che era il Loro significato originale. Hanno subito una mutazione molto simile a quella che Seth subì nella cultura egizia: da protettore della vita a guerriero poco intelligente e crudele. Così come Andras da Dio Guerriero protettore delle foreste, del sacro fuoco e di ogni forma di vita che merita di essere difesa, è passato a Demone mostruoso che incarna tutto ciò che è terribile e spaventoso. Ma in verità gli Dei della Guerra sono Dei della “vita prima della morte e della morte prima della vita”. Sono l’equilibrio che manca al Caos e il Caos che genera le forze dell’equilibrio.
Paola Difilla
Anno MMXIX
.
LUCIFERUS
Quando sei un vero Dio i nomi con cui vieni riconosciuto possono anche cambiare come le epoche stesse ma la sostanza No. Satana come Lucifero incarnano lo stesso identico Dio, rappresentato poi per quello che differenti nature riportavano. Ma per quanto la menzogna si sia impegnata attraverso libri detti “sacri” a falsificare l’essenza di tale Dio, non ci è mai del tutto riuscita.
Tanto è vero che Lucifero (luc – em, luce fer – re, portare) contiene già nel suo significato etimologico tutta la sua personale rivalsa. La connotazione negativa che tanto aveva retto su un piano religioso si tradisce da sola su un piano letterale, rivelando tutta la sua trama che dal Vecchio al nuovo Testamento l’aveva caratterizzata come verità assoluta. La luce è sinonimo di vita perché ovunque arriva riesce con il suo calore a farla fiorire, colui che la porta con se dunque non può che portare alla vita, alla luce dobbiamo la nascita. Per il racconto biblico (Isaia 14. Ezechiele 28), Lucifero è solo un sottoposto del dio cristiano caduto dal suo ruolo di angelo a causa della sua presunta ribellione. La narrazione (di parte) ha sì il controllo dei ruoli nella mente del credente ma non riesce ad averlo altrettanto efficacemente anche nel significato letterale di Lucifero che arrivando a custodire dentro di se la sua vera indole, riuscirà a far intravedere parte della verità più importante solo agli animi più attenti. Il suo chiarore sembrava non derivare dal suo passato tra le schiere angeliche perché si manteneva ben oltre la sua presunta caduta dai cieli, dimostrando in tal modo di essere esso stesso il significato della sua lucentezza. E’ molto probabile che chi ha prelevato il suddetto nome dal panorama dell’epoca per inserirlo nel racconto biblico l’abbia fatto con la non curanza di un falsario impossibilitato a fare di meglio. La sceneggiatura tra aggiunte apocrife e correzioni occulte fa quello che può per rendere la sua figura modificabile a seconda del contesto, nella genesi debutta come serpente tentatore, nel proseguo diviene un angelo invidioso e ambizioso e nel Nuovo Testamento un mostro con le corna completa la metamorfosi. La Verità è che si è voluto immettere a forza nella fiaba cristiana un Dio che con il dna abramitico non aveva nulla a che spartire, la sua grandezza ha fatto innamorare un certo uomo molto prima dell’avvento del Cristianesimo. Satana/Lucifero aveva già il suo giardino, la sua famiglia e la sua storia molto prima che si costruisse un intero programma religioso contro di lui con il solo scopo di riscrivere tutta la storia spirituale del mondo da capo e al contrario.
Gli scritti non riconosciuti dalla Chiesa riportano quello che poi anche nella versione ufficiale traspare. Il serpente ha una sua simbologia e un suo insegnamento iniziatico, come la caduta e la rinascita su un diverso piano. L’inferno rappresenta uno spauracchio psicologico molto efficace ma anche un messaggio astrale estremamente importante. Si può avvertire da molte sfaccettature che la figura di Lucifero non si esaurisce tra le pagine delle varie versioni più o meno autorizzate della bibbia ne nella attribuzione etimologica da parte di alcuni scrittori laici ad un semplice pianeta. I testi cristiani sono un trattato di presunta autenticità ma qualcosa si intravede ma soprattutto si avverte. Sicuramente molti indizi per motivi oscuri sono trapelati per dirci qualcosa di importante, basta avere la capacità di discernimento per separare la robaccia cristiana priva di valore dal resto che vale invece la pena di comprendere per noi stessi. Mi viene in mente il libro di Enoch, esempio massimo per certi versi, scritto intorno al primo secolo a.C ricostruisce gli eventi successivi alla caduta sulla terra degli angeli ribelli, nonostante il testo derivi da mani giudaiche non può fare a meno di riportare anche i tratti costruttivi di cui questi esseri sembravano possessori. A dimostrazione che la verità di una cosa non è mai del tutto modificabile.
"Quando Lucifero andò all’inferno con tutti i suoi, allora l’uomo è nato. Riflettete a quel che hanno ottenuto Lucifero e i suoi compagni di lotta. Essi erano puri e innocenti" - Otto Rahn.
Satana come sappiamo deriva dall’ebraico ma avrebbe un significato anche nel Sanscrito forse precedente alla formulazione più nota di “avversario”. Il nome Lucifero fa invece la sua comparsa prima di quello di Satana già nel Vecchio Testamento, ma il suo etimo risulta essere precedente alle manipolazioni monoteiste. Deriva dalla cultura latina pre cristiana di stampo pagana perché romana. Entrambi i nomi però sono ormai collegati nella memoria comune dell’ottica cristiana, che userà entrambi gli appellativi per mantenere a tutti i costi ogni individuo lontano da questa unica entità.
Il punto focale della questione è che il significato etimologico di Lucifero non coincide con la sua connotazione negativa di derivazione cristiana. E’ un fatto che ti prende in pieno lasciandoti a mala pena la possibilità di decidere se ignorare la cosa o affrontarla a piene mani. Lucifero non è mai stato un essere creato dal Cristianesimo ma il solo Creatore della sua stirpe immortale. Una razza di demoni splendenti e non di angeli codardi. Anche nell’aspetto iconografico il periodo paleocristiano parla chiaro, Lucifero ha tratti addolciti e netti, eleganti, regali, armoniosi e belli. L’aspetto non vuole trasmettere timore, vuole dare qualcosa all’uomo e non toglierla, tutto questo unito al significato del nome rafforza ancora di più l’indizio principale che contraddice la versione Giudeo/Cristiana. Le cose cambiano dal medioevo in poi, l’iconografia da spazio solo alla versione imbruttita e decadente di Lucifero che si tramuta definitivamente nel Satana malvagio. Forse era stato fatto trapelare troppo sulla fisionomia positiva, bisognava ritornare alla vecchia politica dell’imbruttisci e spaventa, con lo strumento della paura la cristianità si assicura il dominio anche nei secoli a venire, nella mente e nei cuori dei più ingenui.
Tutti questi eventi appena riportati sull’influenza controversa che la figura di Lucifero aveva lasciato dietro di se, genererà dinamiche inaspettate anche tra le mura della cristianità più ortodossa, è come se un certo tipo di cristiano si fosse riscoperto di improvviso legato a Lucifero pur essendo stato battezzato in nome di Cristo. Un certo gnosticismo satanico unito alle influenze nefaste della teologia cristiana generò una sorta di contrasto interno che nel tempo diede vita ad un vero e proprio movimento di pensiero che ancora oggi si presenta sia sotto il nome di Luciferismo, che sotto quello di Luciferianesimo. Ed ecco che Lucìferus dopo millenni di calunnia ritrovava parte dei suoi adoratori proprio tra le fila dei detrattori più ferventi.
Definiamo Luciferismo l’intuizione interiore legata direttamente alla figura di Lucifero, l’atto, il sentimento ed il trasporto rivelatore. Il Luciferianesimo invece non sarebbe altro che la naturale conseguenza di quella stessa idea che diventa azione tramite la formazione di un’ideologia più o meno strutturata. Le due definizioni si possono considerare complementari perché accomunate dalla stessa ispirazione portante; ovvero Lucifero.
Per capire le dinamiche principali del fenomeno ci tocca prima penetrare il complesso panorama gnostico/occultista che dall’età di mezzo ha tracciato inevitabilmente la storicità del fenomeno luciferiano. A dare il via fu sicuramente la consapevolezza “eretica” data dalla setta dei Catari intorno al XIII secolo, colpevoli secondo la Chiesa di aver voluto rimettere in discussione alcune principi chiave come il concetto di bene e di male, di spirito e di materia e anche la figura biblica dell’angelo caduto che per gli interessi cristiani doveva rimanere ben rilegata all’unica versione data dai testi sacri. Tutte le sette che dimostrarono di aver rivalutato Lucifero in chiave religiosa vennero scomunicate o nel peggiore dei casi anche perseguitate dall’inquisizione e sterminate. L’enciclopedia Treccani ci riporta che << Infinite sono le storielle che corsero sul declinare del Medioevo riguardo a persone ritenute d'aver commercio col diavolo (Lucifero) e di adorarlo. Tali fantasie in relazione con la dottrina catara dei due principî, cominciano a comparire nel secolo XI e si diffondono nel XIII. Si può arguire che, fra i catari, taluni speculassero sulle origini e sul destino di Lucifero: vedendo in lui un angelo ingiustamente cacciato dal cielo, supponevano che vi sarebbe ritornato con i suoi fedeli a riprendere il suo posto. Tali superstizioni si trovano diffuse soprattutto nella Germania settentrionale; Alberico monaco di Trois-Fontaines attribuisce l'origine d'una di tali sette a uno stregone di Maastricht. Nel 1231 questi settarî furono perseguitati da due fanatici, Corrado Dorso, ex-laico domenicano, e un certo Giovanni, che ne bruciarono molti, spargendo il terrore nella Germania settentrionale anche fra gl'innocenti; a loro si aggiunse, nel 1232, l'inquisitore Corrado di Marburgo che informò papa Gregorio IX sulle dottrine di quegli eretici. Il papa rispose nel 1233 con due lettere; una dell'11 giugno diretta a Corrado, l'altra del 14 giugno diretta a Enrico re di Germania, all'arcivescovo di Magonza e al vescovo di Hildesheim, dove invitava a metter rimedio ai misfatti dei luciferiani con una crociata. Fu radunato un concilio a Magonza il 25 luglio 1233, al quale intervenne anche Corrado. Questi cominciò tosto a predicare la crociata, ma fu assassinato il 30 luglio a Marburgo. Molti confessarono di avere lanciato accuse contro innocenti, spinti dalla paura provocata dal fanatismo dell'inquisitore. Anche il papa, meglio informato, sconfessò la condotta di Corrado. Nel sec. XIV il Satanismo ricompare nelle accuse contro Bonifacio VIII, contro i Templari, e anche come setta nell'Austria e nella Boemia; e finì col diventare una vera ossessione, non solo negli ambienti popolari, ma anche per gli spiriti più riflessivi durante il sec. XVI e XVII, specialmente in Germania >>. Man mano che la Chiesa fa il suo in superficie per arginare la tendenza luciferina, nel sotto suolo le correnti che ormai avevano capito la vera essenza di questo antico Dio demonizzato ingiustamente, non diminuirono affatto ma si resero solo più segrete.
"Oh mio signore Lucifero, oh sole d'oro; lascia cadere sopra di me la tua luce profonda e avvolgimi nei tuoi petali di luce come in un autunno dei cieli. Permettimi di passare attraverso la tua finestra verso il sole nero che dietro di te si trova" - Miguel Serrano.
In alcuni ambienti di studio si cominciò a notare la somiglianza tra la figura di Lucifero e quella mitologica di Prometeo (colui che portò la fiaccola della conoscenza, illuminando gli uomini) o addirittura tra la figura del messia stesso e quella di Lucifero. Come il figlio dell’onnipotente scese in terra per portare la parola del suo signore, così Satana cade dal cielo per portare la conoscenza proibita agli uomini. C’è chi crede che nel passaggio tra l’uso del nome Lucifero a quello di Satana si suggelli anche la definitiva separazione tra il Cristianesimo considerato delle origini e quello successivo ormai totalmente ebraicizzato. A tal proposito dovrei rimandare ad un approfondimento dedicato alla figura di Gesù per spiegarmi al meglio e per non dilungarmi troppo adesso, diciamo solo che la fisionomia di Gesù ed una piccolissima porzione della filosofia di vita predicata rimanda a origini Gentili, il resto è puro materiale talmudico. Dalle ricostruzioni del Cristianesimo delle origini Gesù e Lucifero sembrano fondersi ancora più nettamente, qui l’intento è isolare il seme estraneo quindi in un certo senso l’imbruttimento di Satana coinciso (stranamente) con l’intervento giudaico sulle narrazioni bibliche. Conseguenza di un Cristianesimo delle origini sarà ovviamente un Lucifero delle origini, i suoi colori richiameranno il verde ed il nero, non il rosso. Non verrà associato alle fiamme dell’inferno ma al freddo del vento del Nord. Verrà identificato con la Luna e la Stella del Vespro, che di mattina si chiama Lucifero, cioè al pianeta Venere, simbolo del Femminino Sacro.
In nome di Lucifero sono nati innumerevoli ordini segreti, che hanno fatto perdere le loro tracce nei meandri del tempo. Non è dato sapere con certezza quanti di questi ordini siano basati veramente sui giusti binari di un percorso autentico. Non rientrano nella mia analisi iniziative folcloristiche ne i salotti trasgressivi, quelli li considero semplicemente come dei passatempi per diavoletti un po’ annoiati. Dal dizionario enciclopedico di J. M. Greer leggiamo che << i luciferiani costituivano una fazione dell’aspra frattura teologica verificatasi all’interno del movimento. Leon Taxil (Gabriel Jorgand – Pagès, fondatore dell’ordine Palladico, massone francese e scrittore) li descrisse come gnostici che adoravano in Lucifero un dio della luce e dello spirito, in opposizione ad Adonai, dio dell’ignoranza e della materia >>. Dei possibili parallelismi esistono tra le migliaia di associazioni fatte dalle correnti di pensiero più svariate, così come delle rassomiglianze nei contenuti, ci si può capire qualcosa in più soltanto aprendosi alle alte comunicazioni e trascendendo il piano materiale. I libri ricchi di date, nomi ed eventi non potranno mai bastarvi da sole, esistono per fermarsi ad un certo punto. Serve l’immersione individuale, l’abbandono della ragione ordinaria e l’apertura dei sensi, serve discendere ma in noi stessi come insegna appunto Satana/Lucifero.
“E per elevarci, discendiamo in noi stessi” - Voltaire.
Il riconoscimento del legame autentico con Satana/Lucifero va fatto individualmente, dopo la connessione coerente con certi eventi della storia avverrà in automatico. Chiamarlo con un nome o con un altro diventerà indifferente, entrambi si ricollegano alla stessa entità ed entrambi sono il frutto di quello che di lui si è riuscito a conoscere ed apprezzare. Ancora oggi esistono e sopravvivono attraverso le epoche i suoi autentici figli, ma la conoscenza di Satana/Lucifero è aperta a tutti, cambia il legame ma non la possibilità di ispirarsi direttamente a lui. Il nemico Spirituale rimane oggi come un tempo sempre lo stesso. L’autore della Bibbia, colui che di onnipotente non ha nulla, Yahweh ed i suoi seguaci che si sono finti addirittura “satanisti” pur di continuare ad infangare almeno uno dei due nomi (Satana) facendo credere che solo Lucifero fosse quello giusto, mentre Satana doveva continuare ad essere considerato il cattivo della situazione. E’ bene ricordare sempre che; Dove vige una dualità ingannatrice lì uno Yahweiano è al lavoro sempre per conto del suo presunto dio.
La storia su Lucifero ha una sua linearità abbastanza ricostruibile. C’è un’entità precedente all’avvento del Giudeo/Cristianesimo che aveva già la sua dimensione di senso, dal nulla subentra un programma che contrapponendosi alla sua creazione cancella ogni bellezza precedente per insinuare solo deformità. Abbiamo un ritorno dello spirito epico che riaffiora lentamente fino a manifestarsi in un sorta di rivincita attraverso la parola degli avi. Abbiamo infine la prima formazione di un movimento spontaneo che prenderà il nome di Luciferismo/esimo e che dovrebbe incarnare proprio questo forte sentimento di vendetta, ora possediamo una traccia su cui Satana/Lucifero ha puntato per indicarci la via e che si è formata proprio durante la sua rappresentazione tra le pagine bibliche quindi proprio in casa del nemico. Stiliamole insieme perché rappresentano gli unici valori immutabili che dovevano essere tramandati dentro di noi come l’insegnamento eterno. Il segreto è tradurre alcuni racconti in simbologie parlanti, se normalmente l’insegnamento morale cristiano va da una parte, il vero senso figurato sta dall’altra. Per estrapolare il senso ed il contenuto di questi insegnamenti mi sono limitato ad unire gli indizi allegorici contenuti in tutti i passi in cui si parla di Lucifero o si fa parlare direttamente lui e le mie intuizioni personali. Provate anche voi ad unire i due metodi di lettura e ritroverete lo stesso contenuto di significato che mi appresto a presentare. Ho deciso di chiamarli I Sette punti di richiamo Luciferino:
Satana/Lucifero è colui che vuole e che può offrirti la vera conoscenza di te stesso. Nella genesi è ben chiaro questo messaggio fin dall’inizio. La conoscenza alla libertà interiore, la conoscenza delle leggi naturali e cosmiche, la conoscenza di noi stessi quando otteniamo la vera sapienza. La conoscenza per la nostra libertà nel diventare come un Dio. Solo nell’ottica insana di un cristiano il timore per la conoscenza offerta da qualcun’altro poteva essere vista come un pericolo.
Satana/Lucifero NON è il principe di questo mondo materiale ma il Re del suo regno Spirituale. Rilegargli solo la dimensione terrena è stato un mezzuccio piccolo e sporco per farlo apparire minore rispetto a Yahweh. In realtà sono proprio i suoi denigratori a possedere casomai una sensibilità limitata alla comprensione materiale e non di certo Satana.
Satana/Lucifero a dispetto di quello che fa credere la propaganda biblica, non incoraggia l’invidia, la gelosia, la cupidigia e l’inganno ma ci insegna l'auto analisi di tutte queste parti fino a convertirle sotto il dominio della nostra accettazione consapevole. Il segreto dovrebbe essere quello di abbracciare tutti gli aspetti più utili della vita senza però farsi eccessivamente imbruttire da nessuno di essi.
- Arriviamo alla famosa ribellione. Nel suo stato meno enfatizzato rappresenta la nostra reazione ad un’ingiustizia subita. La disubbidienza è sintomo di vitalità di carattere se fatta per le giuste cause. Marca il tono della rivolta in nome di ciò in cui crediamo, il messaggio di Satana/Lucifero è limpido in questo caso, viaggia sempre seguendo la stessa norma, lui è stato fatto passare per quello che non è ed ha dovuto ribellarsi per avviare un cambiamento sotto forma di lotta. Il momento della caduta rappresenta solo una fase e non la resa alla sconfitta. L’angelo caduto ha vinto o non è mai stato sconfitto veramente ed i Cristiani lo sanno bene -
Satana/Lucifero non è mai stato invidioso nei confronti dell’umanità, lui l’ha resa più consapevole della vita. Inoltre una parte d’umanità deriva da lui, provare invidia per loro sarebbe come provare invidia per una parte di se stesso. I suoi reali sentimenti non potevano non essere alterati dagli sceneggiatori cristiani, ma per capire cosa ha sempre provato e come si è sempre comportato, bisogna penetrare il suo pensiero dentro di noi, solo allora ci risuonerà la verità più incontaminata.
Satana/Lucifero non incoraggia la superbia ad oltranza, trasmette al massimo l’orgoglio ad essere e rimanere ciò che si è ottenuto con il proprio valore. Incoraggia casomai a mostrare della superbia il lato più dignitoso ed apprezzabile. Ogni eccesso alla lunga porta alla vulnerabilità, la chiave della forza indipendente sta nell’auto controllo. Ottenete la vostra libertà interiore e non vi troverete più a doverla cercare anche nel suo eccesso esteriore.
Ma soprattutto Satana/Lucifero non vuole che ci dimentichiamo chi eravamo prima di trovarci tutti quanti in trincea. La nostra natura, la nostra essenza deve rimanere integra nonostante tutto quello che cercano di farci diventare. Il veleno della menzogna ha una scadenza e non deve mai imbruttire eccessivamente il nostro animo puro. Ci troviamo interconnessi tra di noi (Satanisti o Luciferiani che sia) per il Dio da cui deriviamo e non per l’etichetta che scegliamo o per la quantità di libri che leggiamo.
Senza un lavoro di de programmazione serio ed omogeneo questi pochi insegnamenti lasciati sul tragitto per essere ritrovati, diventeranno tutto ed il contrario di tutto. Senza una base autentica non c’è una direzione certa, e ci si prepara a diventare quello per cui il Satanismo non è nato. L’interpretazione satanica è potenzialmente libera ed accessibile a chiunque, solo la natura e la verità hanno dei confini da rispettare. In teoria si dovrebbero rispettare dei confini anche nella divulgazione filosofica del Satanismo. Tenendo sempre bene in mente che è la concretezza reale dell’ente a dare la forma ad una qualsivoglia corrente in suo nome e non viceversa. Si userà l’arma creatrice del pensiero in modo coerente alla fonte da cui si attinge. Questo dettaglio potrebbe sembrare un’ovvietà ma invece con la piaga che ha preso il Luciferianesimo contemporaneo, dimostra di essere la madre di tutte le alterazioni in atto. La traduzione luciferina attuale e mi riferisco alle iniziative più note del panorama odierno, non incarnano Satana nella sua essenza più pura ma idealizzano solo l’emanazione di un Lucifero simbolico. E’ come se le influenze letterarie con i suoi poeti maledetti, unite al pensiero di alcuni illuministi e la voglia di sintetizzare ogni idea abbia circoscritto il loro Lucifero all’interno di un prodotto più intellettuale che totale. La pienezza dell’esperienza che contiene anche la percezione Spirituale non viene riportata da questi gruppi “Luciferiani”. Il loro sistema proposto è un insieme misto di filosofia egotista e ritualità utilitaristica portata all’estremo. Sembrano degli ibridi spaesati che riescono a ritrovarsi solo con l’aiuto di modelli salomonici già esistenti, ripresi revisionati e corretti. Non ricostruiscono sulla base degli insegnamenti autentici di Lucifero, ne modificano i parametri proponendo una nuova forma ma tremendamente distante dall’essenza originaria. Sono dei semplici maghi razionalisti. Per loro Lucifero esiste in funzione dei loro capricci o è solo un archetipo. Sono essenzialmente dei meticci acculturati, responsabili di un Satanismo ingrato.
Con una rilettura più intellettuale di Lucifero non ho nulla. Rappresenta pur sempre un aspetto artistico alternativo della percezione satanica ma fermarsi solo a quello o addirittura cercare di far credere che il proprio limite sia anche quello del Culto di Satana, è veramente inaccettabile quanto anti satanico. Qualsiasi iniziativa in nome di Satana nasce e sopravvive autentica a se stessa solo mantenendo la realtà concreta del proprio Dio. Chiamatelo rispetto, o come volete voi. L’ispirazione individuale dovrebbe rifarsi sempre alla fonte originaria, o si rischia di costruisce solo dell’aria fritta talmente astratta da poter diventare qualsiasi cosa, in mano a chiunque. Degli insegnamenti possono essere rielaborati in chiave moderna ma non cambiati fino a stravolgerne la natura. Gli orientamenti principali vanno rispettati, senza togliere la propria identità proprio ad un ente come Lucifero. E’ inconcepibile che Satana/Lucifero possa essere considerato solo un archetipo proprio da chi si definisce satanista usando il suo nome.
Le Undici Fonti del Potere di Lucifero provenienti dalla Greater Church of Lucifer, rappresentano un tipico prodotto derivante da quel luciferismo appena descritto. Contenendo spunti a tratti interessanti, si tratta di pura disciplina filosofica applicata al Satanismo.
1. Lucifero rappresenta la luce dell’intelletto, della consapevolezza e del potere che è unico per ciascun individuo che abbia il coraggio di svilupparli con responsabilità.
2. Il simbolo dell’avversario è quello di chi libera se stesso, del ribelle spirituale che inspira l’evoluzione di se stessi.
3. Lucifero rappresenta colui che sorregge la torcia di Venere: colui che porta la luce come prima stella del mattino e colui che porta le tenebre come prima stella della sera.
4. L’avversario simboleggia il bagliore della coscienza che questiona ogni cosa, manifestando il cammino individualista di chi è responsabile solo di se stesso.
5. La caduta di Lucifero o Satana simboleggia la liberazione della mente della mente dalla mentalità da schiavi ed il coraggio di esplorare l’oscurità e dominarla: non è possibile brillare come la stella del mattino senza essere consapevoli dell’oscurità della notte.
6. L’ avversario rappresenta la ribellione con un proposito: quello della consapevolezza, della forza e del potere.
7. Lucifero rappresenta la forza d’animo d’avere amore per se stessi prendendosi la responsabilità di onorare il proprio corpo, la propria mente ed il proprio spirito.
8. Per incarnare la divinità devi avere la consapevolezza e la forza di gestire e dirigere da solo la tua vita perché solo così la tua mente ti sopravviverà dopo la morte.
9. Auto - indulgenza verso le regole, amore per chi lo merita disprezzo per chi non lo merita.
10. Lucifero rappresenta la constatazione che ogni atto, anche se percepito come altruistico, è in realtà egoistico. Quindi, anche se aiutare gli altri è la tua passione, il cervello ne riceve lo stesso una gratificazione biochimica scatenata dall’azione in se. E’ per questa sensazione di piacere che molti pensano che fare gesti socialmente utili avvicini a “Dio”. Lucifero significa riconoscere di essere egoisti e vedere lo stesso egoismo in tutti gli altri. Significa accettare questa realtà e con la propria consapevolezza fare scelte giuste per se stessi e per chi si ama.
11. Diventare una divinità significa comprendere perfettamente che si ha il potere di creare e mantenere il proprio percorso di vita e sviluppare il proprio potenziale.
Come forse avrete notato, in questi pochi punti stilati Lucifero rappresenta non insegna. Non a caso si tratta di un’elaborazione filosofica distaccata che si vuole fermare alla dimensione mentale del concetto di Luciferianesimo. Il pensiero elabora e trasforma ogni cosa e all’occorrenza può anche far diventare un qualcosa di reale solo un simbolo molto più comodo e meno impegnativo da assimilare. Ma con un lavoro del genere oltre a fare un favore al Cristianesimo si rimette in circolo una versione viziata su Lucifero, silenziando la sfera più preziosa che può donare. Il Satanismo privato della sua immanenza divina diventa solo un semplice capriccio.
Un Carducci e un Milton ci hanno insegnato attraverso le loro opere il fascino che la figura di un Lucifero può esercitare in termini di ispirazione, ma dove non arrivava l’esperienza diretta di un letterato, si dovrebbe concretizzare invece quella di un vero luciferiano. Al poeta o all’intellettuale basta il proprio intelletto per colmare ciò che l’esperienza non ha ancora provato, il Satanista è invece l’incarnazione massima della sua esperienza sul campo che poi si riflette sul pensiero artistico. Conviene non invertire le due cose, tenendo bene a mente che non sempre basta essere un pensatore per essere anche nei fatti un vero Satanista. La linea che separa un vero luciferiano dal giocoliere che si limita a proporre del puro e semplice esercizio anticonformista, è veramente molto sottile. Sta ad ognuno di noi distinguere e differenziare ogni aspetto per non farci fottere il percorso. Sappiate che non tutto si può a buon ragione considerare vero Luciferismo derivante da Satana/Lucifero. La parte filosofica e la parte Spirituale del Satanismo sono nate per rimanere indissolubili davanti l’inganno della dualità.
Se dovessi immaginarmi del Luciferianesimo autentico, lo rappresenterei al massimo della sua regalità classica. Unico figlio legittimo di quella tradizione da cui proviene per diritto divino. Rispettoso della sua millenaria cultura pagana, composta da antenati appartenenti a diverse culture ma accomunati dalla consapevolezza di un Lucifero tangibile e reale. intolleranti a quell’arido nichilismo del pensiero che tanto ha paralizzato ogni sana ispirazione alla Spiritualità delle cose, pieni invece di memoria dagli occhi e ricchi di profondità dal cuore. In una parola, Luciferiani.
Dopo la caduta, si narra che l’oscurità divenne la luce di ogni demone asceso. Molti ritrovarono i maestri perduti della propria anima che ben presto imparò da sola a non temere più la fiamma della propria conoscenza. Fu in quel preciso momento che smise per sempre di avere paura.
In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi.
Mandy Lord
Anno MMXVIII
.
BAST / SEKMHET
Dalle Origini alla Confusione Storica
Quante volte vi sarà capitato di cercare informazioni su Daimon e Divinità e rimanere in parte delusi o semplicemente insoddisfatti dalla scarsa quantità e coerenza di quanto è stato scritto al riguardo? O ancora, quante volte vi è semplicemente capitato di Sentire che mancasse qualcosa? La verità è che l’infallibile verità storica, potrebbe non essere così infallibile. Non fraintendetemi, sono conscio della fondamentale importanza delle fonti storiche, ma non sono e non possono essere l’unica arma a disposizione di chi vuole Ricercare la verità sugli Dei. Per dimostrarlo non serve altro che confrontarle con coscienza di causa, invece che mischiarle in un mosaico confuso ed approssimativo, ed è quello che intendo fare in questa serie di articoli. La prima Divinità di cui vi voglio parlare è una di quelle che sento più vicine: Bast/Sekhmet.
Quando si parla degli Antichi Dei uno dei problemi più ricorrenti è sicuramente la scarsa coerenza tra le informazioni reperibili. Le ragioni sono molteplici: la penuria di reperti scritti, le difficoltà nella traduzione di lingue morte da millenni, la spesso discutibile attendibilità delle fonti e, non ultimo, le modifiche arbitrarie di caratteristiche/ruoli/funzioni che, per ragioni che spesso rispecchiano unicamente l'evolversi di situazioni politiche e militari, le Divinità hanno subito persino nel corso dei loro periodi di maggior prestigio. L'intera mitologia egizia ne è un fulgido esempio: abbiamo divinità assorbite da altre, altre ancora semplicemente scambiate o sovrapposte, oltre che ruoli e funzioni presi in prestito al bisogno, il tutto dettato dalle rivoluzioni socio-politiche che hanno accompagnato e sconvolto i Due Regni nei loro millenni di storia. Tra le divinità maggiori dell'antico Egitto Bast è senza dubbio una di quelle che ha visto mutare più radicalmente le proprie caratteristiche. Tanto che al giorno d'oggi è conosciuta più per gli aspetti che le sono stati assegnati in periodi tardi, piuttosto che per quella che era la sua forma originale.
E' stata confusa e mischiata con un po' tutte le divinità (leonine e non solo) presenti nel mutevole pantheon egizio, e credo che in effetti avrei faticato tremendamente a distinguerla nitidamente all'interno dell'accozzaglia di ruoli che le sono stati cuciti addosso, se non fosse per il legame che ho con lei/Sekhmet. Un legame nato in maniera così naturale che non saprei neppure descrivere il momento, o il periodo esatto, in cui me ne sia reso conto. E' stato come vedere i pezzi di un enorme puzzle trovare lentamente ognuno il proprio posto, combaciare senza fatica ed iniziare a formare immagini nitide e perfettamente distinguibili, così facili da assorbire ed interpretare da portarmi a dubitare che non siano sempre state annidate nella mia mente/anima. Ho passato anni a leggere avidamente qualsiasi informazioni potessi trovare al riguardo, ed altri a cercare ogni risposta dentro e attorno a me, imparando a districarmi nella via dei segni, a cogliere conferme e suggerimenti, fino a raggiungere una consapevolezza abbastanza salda da poter cercare di avventurarmi nuovamente tra il caos delle fonti storiche, senza rischiare di uscirne più confuso di prima. Perchè effettivamente, se è vero che senza fonti storiche dell'epoca non saprei nemmeno dell'esistenza di Bast e Sekhmet, è al tempo stesso vero che non potrei dire di conoscerle davvero se mi basassi unicamente su queste stesse fonti.
Bisogna trovare un equilibrio tra quel che ci racconta la storia e quel che dentro di noi sentiamo essere vero. Leggere tutto con mente aperta, ma senza lasciare che freni o distrugga le nostre più profonde convinzioni: la storia antica viene riscritta e reinterpretata ogni giorno, e per quanto possa o debba essere il fondamento su cui costruire la nostra conoscenza, non può essere presa parola per parola come l'unica verità assoluta. Ma andiamo per ordine. Breve premessa storica: presumibilmente anno 10.000 ac, il ritiro dei ghiacci sul finire del paleolitico porta il grande lago interno africano a ritirarsi, fino a formare la Valle del Nilo. Inizialmente abitato da tribù di cacciatori nomadi, con l'avvento dell'agricoltura si formarono i primi insediamenti, e conseguentemente una coscienza civile che portò ad alleanze, commerci ed infine all'unificazione del paese (che pur resterà diviso in province -sepat, o per i greci nomòi). Inizia anche già a delinearsi la bipartizione tra Alto Egitto (sud) e Basso Egitto (nord). Ogni centro ha almeno una divinità protettrice, che proprio come il villaggio che rappresenta vive dei suoi successi e forma alleanze e parentele basate sui contatti con altri nuclei abitativi.
Passano i secoli, civiltà si succedono le une alle altre, e alcune delle divinità che ben conosciamo iniziano a delinearsi: Horus (l'antico), Seth, Min, Nemty, Nekhbet, Wadjet, Bat e Wepwawet. Mentre (come qualcuno dice) seguaci di Horus e Seth si contendono il dominio sull'Egitto, Nekbet e Wadjet vengono elevate al grado di patrone l'una dell'Alto Egitto, e l'altra del Basso Egitto. Ed eccoci qui: è probabilmente sul finire di questo periodo che Bast inizia ad essere venerata (sebbene non vi siano prove certe che collochino il suo culto prima della 2a dinastia, 2890 ac circa): la Bast delle origini è una dea protettrice del Basso Egitto, che va ad affiancarsi alla patrona Wadjet, ed è rappresentata come una feroce leonessa. Figlia di Ra, Il suo nome può essere tradotto come "colei che divora" o "la divoratrice", tuttavia gli elementi fonetici "bas" nel suo nome sono rappresentati con un vaso di oli. Un nome quindi che suggerisce sì il suo essere dolce e preziosa, ma anche che sotto la superficie nasconda il cuore di un predatore. Era una vera e propria Dea della Guerra, alla stregua di Sekhmet, sua controparte nell'Alto Egitto, che nello stesso periodo viene affiancata a Nekhbet nel ruolo di protettrice.
Gli aspetti in comune tra le due divinità leonine sono innumerevoli, eppure, anche dopo l'unificazione dei due regni per mano di Narmer e la nascita della prima dinastia, rimarranno viste come entità separate (seppur molto spesso sovrapposte) per lungo tempo. C'è chi sostiene che già da allora Bast avesse perso parte del suo aspetto feroce e bellicoso in favore di Sekhmet, poichè avendo le forze dell'Alto Egitto conquistato il Basso Egitto, la loro divinità guerriera ne era uscita con maggior prestigio. Altro fatto da considerare, Men-Nefer (Menfi) fù capitale dell'Egitto per quasi l'intera durata dell'Antico Regno, elevando il prestigio e l'importanza delle divinità cittadine che componevano la Triade di Menfi: Ptah (Padre/Creazione), Sekhmet(Madre/Distruzione) e Nefertum(Figlio/Guarigione-Rinascita) Per tutta questa serie di motivi, durante le prime dinastie Bast non era una delle principali divinità nazionali, ma era comunque ben conosciuta al di fuori del Delta. Tanto è vero che uno dei portali nella valle del tempio del faraone Khafre (4a dinastia) era dedicato a lei in quanto rappresentante del Basso Egitto, mentre l'altro era dedicato ad Hator, l' "alter-ego" di Sekhmet (dopo torneremo anche su questo), in rappresentanza dell'Alto Egitto. Nei testi delle piramidi (5a/6a dinastia) era nominata come protettrice e nutrice del Faraone. Non ci sono molte notizie di quali siano le differenze che nei tempi più antichi intercorrevano tra Bast e Sekhmet, ma trovo molto interessante l'interpretazione data ad un'iscrizione della stele di Sehetep-Ib-Re da Abydos (regno di Amenemhet III, 12a dinastia) che dice del Re:
"Lui è Bastet che custodisce le Due Terre
Lui è Sekhmet per chi sfida il suo comando"
Suggerendo quindi una divisione di ruoli per le due temibili divinità leonine: Bastet è la protettrice, Sekhmet l' "enforcer", colei che fa in modo che le regole vengano rispettate. Prima di proseguire è forse meglio definire un attimo meglio Sekhmet e Hathor, in modo da rendere (mi auguro) un po' meno confusionario il contenuto delle prossime righe. Sekhmet, il cui nome significa "La Potente", era come detto una feroce divinità guerriera protettrice dell'Alto Egitto. Era signora della furia, della fiamma distruttrice e delle pestilenze, così come della medicina e della guarigione ed era fedele guardiana di Ma'at. Abbastanza peculiarmente però viene associata ad Hator (dea della gioia, musica, danza, amore, sessualità, gravidanza, maternità, etc) come suo aspetto feroce e brutale.
Onestamente, pur cercando il lungo e in largo, non sono riuscito a capire quanto questa dualità possa essere antica, anzi, non sono proprio riuscito a trovare nulla che non rimandasse al "Libro della Vacca Celeste" (le prime tracce scritte del quale vanno a collocarsi tra 18a e 19a dinastia, diciamo quindi a partire dal 1350~1330 ac), che ne parla attraverso il mito de "La distruzione dell'umanità". Per raccontarlo brevemente, per chi non lo conoscesse, Ra si era infuriato con gli uomini perchè stavano cominciando a cospirare contro di lui, convocò un consiglio con altre divinità e decisero di mandare il suo Occhio a punirli (quello destro, solare, rappresentante le fiamme e il calore letale del deserto) nella forma di sua figlia Hathor. Hathor scese sulla terra, assunse le sembianze della leonessa Sekhmet, ed iniziò a dare la caccia e a uccidere ogni uomo che poteva. Quando però Ra si accorse che Sekhmet, colta dalla frenesia e dalla sete di sangue, stava per sterminare l'intera umanità, escogitò un trucco per fermarla: fece preparare moltissima birra alla quale fece aggiungere succo di melograno ed altre sostanze dal colore sanguigno. Fu così che Sekhmet, scambiandola per sangue, ne bevve fino a ubriacarsi, risvegliandosi solo diversi giorni dopo nuovamente nell'aspetto di Hathor, e l'umanità fu salva.
Il fatto di non essere riuscito a trovare fonti più antiche di queste, che testimoniassero la loro dualità, ovviamente non esclude che non possa essere originata da tradizioni più antiche, ma al tempo stesso rafforza la mia idea che l'accoppiamento Hathor-Sekhmet possa essere uno dei tanti artifici politico/religiosi. A maggior ragione se consideriamo che tra 18a e 19a dinastia si stava uscendo dallo sconvolgimento religioso imposto da Akhenaton, la cosiddetta eresia amarniana, e si cercava di ridare prestigio ed importanza a divinità che questi aveva fatto passare in secondo piano. Per quella che è la mia esperienza sono convinto che Bast/Sekhmet ed Hathor siano in ottimi rapporti, ma non l'una un aspetto dell'altra. Anche su questo ci torneremo dopo. Le versioni della leggenda della Distruzione dell’Umanità sono troppe anche solo per essere menzionate, ognuna con delle piccole differenze, e a quanto pare vi si può trovare come protagonista qualsiasi dea che nel corso della storia sia stata insignita del titolo di Occhio di Ra (e sono tante: Wadjet, Nekbeth, Bast, Hathor/Sekhmet, Mut, Iside, Tefnut). Ho il sospetto che oltre alla dilagante confusione del periodo, anche diverse persone in tempi più o meno moderni possano averne tratto la loro interpretazione. Tanto per sottolineare la confusione che regna attorno alla faccenda, Bast si ritrova alle volte protagonista di questa storia come aspetto distruttivo (Hathor diventa Bast), come aspetto non distruttivo (Bastet diventa Sekhmet) ed in entrambi i ruoli (nessuna dualità quindi).
Ad ogni modo, il Salvataggio dell'umanità veniva commemorato ogni anno in una festività in onore di Hathor, la cosiddetta "Festa dell'ubriachezza": tutti bevevano birra macchiata con succo di melograno le rendevano onore. Pare che, in particolare, le rendessero onore cantando, ballando più o meno vestiti e secondo alcuni dandosi anche al sesso per le strade. Il tutto mentre bevevano fino a ridursi come degli zombie striscianti, a vomitare come fontane, addormentarsi per le strade o semplicemente a svenire per il troppo alcol ingerito. A impersonare la furia distruttrice dell'Occhio di Ra vi erano non una, ma ben due statue. Indovinate di chi? Una statua di Sekhmet, vestita di rosso e rivolta ad ovest, ed una di Bast, vestita di verde e rivolta ad est, simboleggiando come al solito la dualità al centro della mitologia egizia, in cui Sekhmet rappresentava l'Alto Egitto e Bast il Basso Egitto. Ovviamente anche su questa festività ci sono pareri discordanti: qualcuno la definisce la festa di Hathor, qualcuno quella di Bastet, qualcun'altro ancora quella di Sekhmet. Qualcuno dice che si svolgesse nei primi giorni dell'anno (per gli egizi iniziava con l'arrivo delle inondazioni del Nilo, quindi approssimativamente tra i nostri agosto e settembre.), qualcuno al 20° giorno di Thoth (primo mese dell'anno egizio) e qualcun'altro ancora che si svolgesse il 31 ottobre (che reputo un po' bizzarro, vista la struttura del calendario egizio fino alle tarde dinastie). Può anche darsi che nel corso dei secoli ognuna di queste cose sia stata vera.
Secondo Erodoto (Storie - II libro, 440/429 ac) la grande festività si svolgeva a Bubastis (Per-Bast), attirava gente da tutto l'Egitto, e si svolgeva in un clima licenzioso e libertino. Tanto per rendere le cose più facili, afferma che si riunissero per venerare Artemide (che effettivamente, come vedremo dopo, i greci associavano a Bastet). Riesce ad esserci una vaga confusione persino sullo scopo della festività: secondo alcuni aveva infatti lo scopo di propiziare l'arrivo delle inondazioni del Nilo, per altri invece serviva a placare Sekhmet, e ad impedire che, con il nuovo anno, influenze maligne portassero epidemie e contagi. Esistono in effetti tracce di svariati incantesimi allo scopo di proteggere dalle epidemie e dagli influssi maligni che venivano associati alla transizione al nuovo anno, e fanno frequente menzione a Sekhmet ed ai demoni al suo seguito, i suoi emissari (wepwety), vagabondi (shemayu) o assassini (khayti), che devono essere placati. Bisogna dire che effettivamente, nel corso degli anni le figure di Bast e Sekhmet hanno finito col sovrapporsi in maniera sempre più evidente e frequente, tanto è vero che entrambe erano considerate, con buona pace di tutti, moglie di Ptah e madre di Nefertum e Maahes, e che Bast divenne a sua volta associata ad Hathor come sua feroce forma leonina.
A cavallo tra il Secondo periodo intermedio ed il Nuovo Regno, Uaset (Tebe per i greci) divenne capitale, e Amon (che ne era il patrono) acquistò uno straordinario prestigio, al punto da sostituire/affiancarsi a Ra come divinità creatrice. Con l'ascesa di Amon anche Mut, la sua consorte, guadagnò improvvisamente grandissimo seguito ed importanza, assorbendo a destra e a manca titoli, funzioni e caratteristiche appartenenti ad altre divinità, sincretizzata prima in Mut-Wadjet-Bast, e poco dopo in Mut-Wadjet-Bast-Nekhbet-Sekhmet-Hator. Questo, come si può ben immaginare, portò ad aumentare considerevolmente la già notevole confusione, dove ogni aspetto di una delle divinità veniva all'occorrenza scambiato o aggregato a quella di un'altra. Sekhmet inoltre era vista sempre più come la feroce guardiana dei regni e del faraone, mentre le caratteristiche di Bast andavano avvicinandosi sempre più a quelle di Hathor (e Mut). Pare che fu in questo periodo, che si cominciò a riferirsi a Bast come a Bastt (Bastet), aggiungendo un'ulteriore t al termine del suo come a volerne addolcire la natura (il suffisso -t per gli antichi egizi rappresentava il femminile), e che a partire dalla 22a dinastia (945-715 ac) la si iniziò ufficialmente ad associare con il gatto domestico, piuttosto che con la figura di leonessa.
La 22a dinastia iniziò infatti con l'ascesa al potere di Shoshenq I, che scelse Per-Bast (Bubastis per i greci, città di cui Bast era patrona) come sua residenza reale, portando ovviamente grande prestigio tanto alla città quanto alla sua patrona. Si ipotizza quindi che i sacerdoti e la gente di Per-Bast volessero distinguere la loro divinità cittadina dalle simili divinità del sud, e che decisero di farlo mutando la sua iconografia da quella leonina a quella del gatto domestico e ridefinendo così Bastet, enfatizzando le responsabilità protettive nell'ambito domestico e le caratteristiche materne dal sincretismo Hathor-Sekhmet-Mut-Bastet. Tutto questo la portò a guadagnare una popolarità incredibile tra la gente, tanto è vero che ad oggi sopravvivono centinaia di sculture votive realizzate in suo onore tra il 600 ed il 50 ac. Come se non fosse abbastanza, durante la Dinastia Tolemaica (305-30 ac) i regnanti nativi egizi vennero sostituiti da regnanti greci, e questi portarono ulteriore confusione nel già caotico pantheon egizio, pretendendo di associare divinità autoctone con quelle della loro terra natale. Bastet venne infatti associata con Artemide, dea lunare, e perse così il suo aspetto di divinità solare. Inoltre, per far combaciare meglio la mitologia egizia con la propria, considerarono Bastet/Artemide sorella di Horus/Apollo e conseguentemente figlia di Ra e Iside. La seguente occupazione romana poi finì con il cementare questa distorsione della mitologia originale. C'è chi ipotizza che nel corso di questo periodo, in seguito a questi sconvolgimenti a livello di pantheon, il nome di Bastet (ora figlia di Iside) venne leggermente modificato in ba-Aset (Anima di Iside). E questo è quanto, per quel che riguarda gli stravolgimenti in epoca egizia: con il seguente avvento del cristianesimo, e il successivo arrivo dell'islam, il culto originale, già ormai compromesso, cedette loro il posto definitivamente. Alla luce di tutto questo casino allucinante, credo sia più facile capire cosa intendevo nelle prime righe, quando ho affermato che Bast ha visto cambiare radicalmente le proprie caratteristiche nel corso dei secoli.
La mia personalissima idea, maturata negli anni di legame con loro, è che Bast e Sekhmet siano due facce della stessa medaglia: una è il felino che attende nell'ombra la propria preda, l'altra il leone che si lancia ferocemente all'attacco del nemico, una è gli aspetti più sensuali dell'estasi, l'altra quelli più selvatici e incontrollati, una è il gatto che civettuolo si lascia coccolare per poi andarsene sdegnosamente non appena si stufa, l'altra quello che per gioco ti pianta denti e unghie nella carne. E' una dualità molto più naturale e interconnessa di quella presunta con Hathor, che vive invece negli elementi contrastanti. E' la differenza nell'approccio -pigro e calcolato quello di Bast, lesto e feroce quello di Sekhmet- e l'uguaglianza nella forma. In Hathor rivedo una pazienza infinita che raramente le viene riconosciuta, che la rende una compagnia perfetta per l'esuberanza di Bast e l'impetuosità di Sekhmet, unita alla comune fermezza nel conseguimento degli obiettivi posti.
L'amore materno di Bast/Sekhmet è selvatico e brusco, non la roba melensa che le è stata attribuita: lascia liberi, liberi di sbagliare e crescere, di ferirsi e farsi le ossa, senza intervenire a meno che il pericolo da affrontare non sia davvero al di fuori della nostra portata. E' sfrenata ma giusta, vanitosa ma pragmatica ed ama gli scherzi e le attività oziose almeno quanto lo scontro ed il sotterfugio. Questa è per me Bast/Sekhmet, e per quanto non mi aspetti che si concordi o meno con me, spero almeno che la ricerca storiografica abbia portato un po' di chiarezza su quali fossero i suoi aspetti originari, e su quali invece le siano stati arbitrariamente associati dinastia dopo dinastia. Non escludo ovviamente che gli Dei possano mutare a loro piacimento, assumere nuove forme e peculiarità, ma non posso altresì negare l’evidente influenza che la sfera politica e militare ha avuto nel corso dei secoli sulla percezione che si ha di lei. Chiunque sia arrivato a leggere fin qui (e mi stia maledicendo per quanto ho scritto) sappia che avrei voluto scrivere molto di più, e che sono stato decisamente più sintetico e superficiale di quel che avrei voluto. Ci sarebbe anche molto da dire sulla sua associazione con Haagenti (con la quale tendo a non concordare), ma ci saranno altre occasioni per farlo. Per completezza, in ogni caso, mi piacerebbe almeno menzionare anche altre divinità incontrate nel corso della mia ricerca che si sono viste legare o rubare/scambiare/associare ruoli/caratteristiche da Bast/Sekhmet.
Madfet: Dea felinide (o mangusta) che si trova menzionata già dalla prima dinastia (e c'è perciò chi sostiene sia una sorta di predecessore di Bast/Sekhmet).
Era dea della giustizia legale e della pena di morte, e proteggeva dagli animali velenosi. Sebbene il suo culto sia stato in buona parte assorbito da quello di Bast, nel nuovo regno le attribuirono il ruolo di regnante sulla Sala della Sentenze, dove i nemici del faraone venivano decapitati con l'Artiglio di Madfet.
Tefnut: Dea leonina membro della grande enneade di Eliopoli, nacque da Ra/Atum, come suo fratello-sposo Shu, e con quest'ultimo formarono la prima coppia divina, simboleggiando rispettivamente umidità ed aria. Diedero alla vita Geb (la terra) e Nut (il cielo) assieme ai quali rappresentavano i quattro elementi primordiali.
In origine considerata l'occhio lunare di Ra (sinistro), collegandola a cielo notturno, rugiada, nuvole, pioggia e nebbia, in seguito assunse anche l'aspetto di Occhio solare di Ra (destro), come protettrice del dio sole e signora delle fiamme distruttrici.
Inizialmente legata al dio Tefen, che sembra essere stato dimenticato, ad Eliopolis era descritta come la figlia del dio creatore (Atum, Ra, Amon), mentre a Memphis essa nota come "La lingua di Ptah", che si diceva avesse aiutato a creare la vita. A Nay-ta-hut (leontopolis) era venerata nella sua forma leonina.
Menhet: Era una dea leonessa proveniente dalla Nubia, il suo nome significa "Colei che sacrifica" ma era nota anche come "La massacratrice". In quanto dea della guerra guidava le truppe del faraone in battaglia ed uccideva i più grandi guerrieri nemici con le sue frecce, ma nel suo aspetto più calmo era associata con Nebty ("Le due signore", Wadjet-Nekhbeth, il potere del faraone sull'Alto e Basso Egitto) ed era la personificazione dei venti del nord.
Era associata con Neith (antica divinità della guerra) ad Esna ed era anche equiparata con l'Occhio di Ra (in particolare Tefnut, Sekhmet o Hathor). Nell'Alto Egitto era venerata come sposa di Khnum e madre di Heka (triade di Latopolis), mentre a Thinis era considerata la sposa di Anhur (che si dice la portò in Egitto), ad Eliopolis era identificata con Iside e a Leontopolis era considerata essere un aspetto di Tefnut. Il centro del suo culto era a Ta-Sened (Latopolis), verso i confini meridionali dell'Egitto, e divenne strettamente associata con Sekhmet, fino a quando -con l'unione di Alto e Basso Egitto, finì con il diventarne un aspetto.
Shesmu: Divinità minore leonina originaria del Basso Egitto, questa volta maschile, era generalmente rappresentato con il corpo di uomo, la testa di leone (a volte di falco) ed uno o due coltelli in mano.
Da un lato dio del profumo, del vino e degli oli preziosi, dall'altro dio vendicativo e sanguinario, "Signore del Sangue", "Grande Massacratore degli Dei" e "Colui che fa a pezzi i corpi". Nelle piramidi testi recitano preghiere in suo onore affinchè smembri e cucini alcune divinità, per nutrire il faraone defunto dell'energia divina necessaria al suo viaggio verso le stelle.
A partire dalla 26a dinastia è menzionato come il produttore di oli preziosi per il dio Ra, e più tardi ancora divenne ufficialmente il produttore di oli e profumi degli dei. In quanto dio dei profumi e leonino era spesso collegato con Nefertem e Mahes.
Maahes: Antico dio della guerra dalla testa di leone (forse proveniente dalla Nubia), era considerato essere il divoratore dei colpevoli e protettore degli innocenti. Tra i suoi titoli vi sono quello di "Signore del massacro", "Colui che brandisce il pugnale" e "Signore Scarlatto". Era associato con la guerra, la protezione, il tempo metereologico, i pugnali, il loto e l'atto di divorare i prigionieri.
Era inizialmente visto come figlio di Ra, oltre che di Bast (nel Basso Egitto) o di Sekhmet (nell'Alto Egitto), ed i centri del suo culto erano a per-Bast (Bubastis) e Taremu (Leontopolis). Alle volte veniva associato a Shemsu (altro dio leonino della guerra), Anhur (dio della guerra), Sopdu e Shu, il quale poteva assumere sembianze di leone.
Nefertum: Era il dio del loto che sboccia ed emerge dalle acque primordiali al principio dei tempi, dio dei profumi e degli aromi.
In origine è possibile che fosse considerato un aspetto di Atum e rappresentava quindi il sorgere del sole.
Quando Ptah assunse il ruolo di divinità capo e venne proclamato il creatore assoluto, Nefertum fu descritto come suo figlio, e Bast/Sekhmet (Basso Egitto/Alto Egitto) come sua moglie. Come figlio di Ptah divenne anche patrono delle arti cosmetiche e curative derivanti dai fiori.
Era solitamente rappresentato come un attraente ragazzo che indossa un loto come copricapo, a volte in piedi sul dorso di un leone. Alle volte era anche rappresentato con testa di leone, o come un gatto o un leone accovacciato, forme nelle quali era associato a Maahes.
Per concludere, come avete potuto leggere, non c’è neppure bisogno di attendere il declino dei Due Regni per vedere Bast completamente spogliata dei suoi aspetti originali, e posso solo immaginare quanta altra confusione si sia generata al riguardo nell’ultimo paio di millenni. Ma questo non vale solo per lei: vale per qualsiasi altra Divinità delle Origini. Se vogliamo comprendere a fondo gli Antichi Dei non possiamo accontentarci delle quattro righe che troviamo in giro su internet o qualche libro. Dobbiamo scavare a fondo, comprendere il contesto storico, distinguere quali fonti siano più recenti e quali più antiche, capire i motivi dietro alle differenze presenti da un periodo all’altro. Bisogna tenersi sempre aperti e ricettivi, pronti a cogliere segni e suggerimenti che nei momenti di incertezza non mancheranno mai di palesarsi. Solo in questo modo ogni elemento comincerà finalmente ad re-incastrarsi al proprio posto, e gli Dei si presenteranno a noi nel loro vero aspetto.
Khaibit
Anno MMXVII
.
SAMAEL
Come nel caso di Satana anche Samael si presta a diverse interpretazioni etimologiche. La versione ebraica associa Samael a Sam'Ha'El, letteralmente “castigo di Dio” o “veleno di Dio”. Secondo la religione giudea, nella tradizione talmudica e post-talmudica, Samael è un arcangelo con il ruolo di accusatore, seduttore e distruttore, tutte prerogative che ritroviamo anche nell’ebraico Satan. Samael viene anche definito l'Angelo Punitore in quanto è colui che amministra la giustizia divina, inflessibile nel suo compito. Samael è menzionato tra gli "angeli del giudizio" anche negli Oracoli Sibillini 2:215. La tradizione astrologica gli attribuisce tutte le peculiarità tipiche di Marte, come la forza, la combattività, il coraggio, la decisione, il movimento. Samael osserva e soppesa le azioni dell’uomo, sa leggere nel suo cuore ed aiutarlo a superare i suoi limiti e nodi interiori. Non a caso è anche definito il "Signore del Karma” e da lui dipendono le nostre incarnazioni future, poiché stabilisce quali saranno le prove da riproporre agli umani degni di proseguire il proprio cammino verso l’ascensione. Ritengo che queste ulteriori caratteristiche possano collegarlo anche al pianeta Saturno, non a caso considerato insieme a Marte uno dei pianeti “malefici”, ovvero influssi oscuri e potenti che volgono al metterci alla prova. Nella Cabala, infatti, Samael oltre a essere considerato capo dei Demoni, è anche l’essere divino che presiede il Teḳufah, cioè il Solstizio d’Inverno, notoriamente legato a Saturno. Noi stessi Satanisti celebriamo la festa del Dio nel periodo dei Saturnali e del Solstizio d’inverno, Yule.
Samael è conosciuto anche come Sammael e Samil, e viene citato per la prima volta nell'apocrifo libro di Enoch, dove viene incluso fra gli angeli che si unirono alle donne umane, ribellandosi a Dio. Egli fu quindi uno dei Vigilanti, (gli stessi “controllori” citati nella teoria etimologica di Satana del Semerano che potete ritrovare in “Definirsi Satanisti fra etimologia e significato”). I Caduti che conosciamo in Enoch col nome di Vigilanti sono coloro giudicati colpevoli da Yahweh per aver dato Sapere all’uomo, mito trascritto poi allegoricamente nella Genesi Biblica, dove il serpente tenta Eva offrendole il frutto proibito della conoscenza. I Caduti sono considerati rei per essersi opposti a Yahweh quando quest’ultimo dichiarò impuro l’amore fra uomini e Dei, condannando la loro discendenza, ossia la razza Nephilim, in Enoch conosciuti come i Giganti. Non a caso, per restare in tema di Genesi, secondo alcune tradizioni Samael è associato al serpente dell’Eden, colui che scelse di aprire gli occhi all’essere umano, di offrire la luce divina della conoscenza e consegnarla all’uomo, gesto che porta subito alla mente miti luciferini come il furto dei Me della dea Istar, il ratto del fuoco di Prometeo e persino il trickster Raven (Dio Corvo) dei nativi americani, tutte storie che ci raccontano di come un Ente ribelle abbia rubato la luce e la conoscenza divina per consegnarla all’uomo. E sempre a conferma della connessione fra Samael è il serpente vengono in nostro aiuto le traduzioni greche, dove Samael viene chiamato anche Sammane o Samiel. Con quest'ultimo nome in particolare viene citato dal padre della Chiesa Ireneo di Lione, riferendosi a lui quale oggetto di culto degli Ofiti, detti per l’appunto “Adoratori del Serpente”.
Samael è collegato anche alla Sapienza, al latte sapienziale che sgorga dai seni dell’Albero della Vita, e questo concetto se unito al suo ruolo di giudice e punitore, ci comunica che Il Sapere offerto da Samael è nei fatti il più atavico e profondo, ossia la conoscenza di noi stessi, oltre le paure, i nodi e i nostri limiti. Un’altra teoria etimologica vedrebbe non a caso nel nome Samael il governatore della terra, la luce della materia, la Sapienza, ossia SAM , che significa luce; A, femminilità o materia; EL, Dio. La produzione del fenomeno della vita nel regno della materia viene infatti attribuita all'opera di Samael. E non so voi ma questa etimo del nome Samael mi ha subito riportato alla mente la parola sanscrita Sattva, già incontrata precedentemente nell’analisi etimologica della parola Satana nel sanscrito. Sattva, se ricordate, era una delle tre qualità costitutive della materia, ossia la Saggezza, la Sapienza, elemento a cui Samael è associato e Sattva significa appunto “luce della creazione”, la luce che penetra nelle tenebre vergini per creare, la luce spirituale che pervade la stessa materia.
Occorre aggiungere che Samael è conosciuto anche come angelo della morte, abbreviato con le lettere ebraiche (ma anche fenice e aramaiche) Samekh Mem. La lettera Samech incarna l’archetipo del serpente e il quindicesimo arcano dei tarocchi, il Diavolo. Essa viene anche associata al pentacolo rovesciato e alla Coagulazione, elemento chiave della creazione nella materia, la luce che penetra nel buio, il seme che feconda la terra. La lettera Mem è invece al contrario fluidità, la parte acquea, la parte femminile che riceve il seme, è ciò che Solve e che riporta la materia al suo stato originario di pura energia. Essa è femminile e incarna il tredicesimo arcano dei tarocchi, la Morte, intesa come stato di nigredo e conseguente trasformazione. Anche in questo caso quindi, Samech Mem ci parla di una dualità di cui il Dio vive, fatta di luce e buio, solvere e coagulare, ordine e caos.
Ultima etimologia da ricordare legata a Samael è quella di Sama’El, ossia il “dio cieco”, che nel tardo ebraico diventa Sar Suma, ossia il Principe Cieco e che prende il nome di Arconte e Dio Cieco nel misticismo egiziano. Il Dio cieco fa subito pensare ad entità come Pluto, Odino, che perse un occhio per ricevere illuminazione e trascendere la morte e l’Azathot di Lovercraft, entità del caos primordiale generatore. Secondo la tradizione ebraica invece troviamo un riferimento in Deuteronomio Rabbah 11, dove viene attributo a Mosè il merito di aver accecato Samael. Per gli gnostici invece l’appellativo di cieco nei confronti di Samael era in realtà un dispregiativo, cieco poiché incapace di vedere la verità al punto tale da sentirsi al di sopra di Dio e definirsi egli stesso Dio. Nello gnosticismo Samael era raffigurato simbolicamente come un serpente dalla testa di leone. Questa è ovviamente una visione molto cristiana, dove la superbia è condannata e dove ogni altro dio è erroneamente un sottoposto di Yahweh. Altra teoria per l’appellativo cieco ci arriva dalla tradizione di Enoch, ossia “cieco poiché l’amore rende ciechi”, una sottile accusa per essersi innamorato di un essere umano. Infine il termine cieco è stato collegato al suo ruolo di giudice, dato che la stessa Giustizia nell’iconografia è rappresentata come dea bendata al fine di illustrarne l’imparzialità. In seguito la cecità di Samael venne assimilata anche dagli illuministi, i quali essendo fondamentalmente atei, identificano il divino come un’energia archetipica che agiva in maniera del tutto casuale. Secondo altre fonti meno note la simbolica cecità di Samael è semplicemente legata alla sua permanenza nelle tenebre, egli vive nel buio e nulla vede ma tutto crea, immaginando.
Su Samael credo che abbiamo raccontato già molto, ma voglio aggiungere che personalmente trovo delle connessioni anche all’accadico Samas, ovvero il sumero Utu, e non solo per l’assonanza fra i nomi ma anche per alcune peculiarità. Samas era infatti un Dio solare, la parte luminosa del sole, così come Nergal ne incarnava invece l’aspetto oscuro, stesso discorso che facevano presentando Satana e Lucifero come due aspetti differenti ma complementari. Occorre poi aggiungere che secondo alcuni Satanisti, Samas sarebbe direttamente collegato al Principe Azazel, anche lui casualmente dio guerriero e aspetto radioso del sole, contrapposto a Sorath che invece come Nergal patrocina al Sole Nero. Samas è come abbiamo detto un dio solare, un dio guerriero, un dio della giustizia preposto a giudicare gli uomini e gli stessi Dei, e di Notte diveniva anche giudice degli Inferi. Samas, come Samael e Satana, ha inoltre un ruolo di Guardiano della Soglia, poiché secondo la tradizione accadica egli poteva essere evocato per aprire l’accesso all’altro mondo.
Voglio anche aggiungere una mia idea personale sull’etimologia di Samael, collegandomi direttamente al celtico SAM e MAEL, dove Sam corrisponde a Luce, (stessa radice ad esempio di Samhian, che indica appunto la fine dell’estate, la fine del periodo di luce annuale e Mael, ossia Principe, Signore. In tal senso Samael sarebbe principe della luce, signore luminoso, il che ci riporta al concetto stesso di Lucifero.
Abbiamo sviscerato notevolmente il significato del nome Samael, analizzando la sua figura, e ad oggi sappiamo che dal periodo amorreo in poi, Samael diventa il nome principale di Satana nel giudaismo. Per la maggior parte dei Satanisti Samael e Satana sono dunque la stessa entità, mentre secondo altri studi Samael sarebbe invece un Demone che ha scelto di cadere insieme a Satana.
Una mia personale ipotesi, ancora abbastanza debole ma comunque curiosa, è che Samael sia il primo Nephilim, ossia il primo figlio fra un Caduto e l’essere umano, letteralmente il veleno di Dio inteso come il seme del “diavolo”, seme del peccato. Non a caso nell’Apocalisse apocrifa di Baruc, Samael viene chiamato Sammuel, e viene raccontata la storia di quando egli piantò la vite che causò la caduta di Adamo, e sappiamo bene come sia forte il collegamento fra il racconto biblico del peccato originale e la creazione della razza Nephilim, da cui discende appunto il ceppo indo-ario, ossia i Gentili. E se ben ricordate, secondo gli gnostici Samael era rappresentato per metà serpente e per metà leone, caratteristiche molto simili alla famosa Chimera dei Greci (che però in alcune versioni oltre al serpente e al leone include la capra, altro simbolo legato a Satana). La Chimera era per altro figlia di Tifone, antico Dio infero molto temuto dagli Dei Olimpici e la cui casa era collocata negli Inferi (precisamente sotto la terra nei pressi del vulcano Etna in Sicilia) e Echidna, entità con corpo di donna nella parte superiore e serpente in quella inferiore. In generale possiamo dire che figure femminili con coda di pesce o di serpente son da sempre legati al mondo ctonio, alle dee dell’oltretomba, ma anche alle semplici sirene, in certi miti definite tali proprio per essere state done umane che si sono congiunte a un Dio. Tifone, poi, viene rappresentato con un braccio che va verso l’alto e uno verso il basso, proprio come nel caso del celebre Baphomet. Tifone e Echidna vengano pertanto definiti il padre e la madre dei mostri, tutte creature mitologiche della tradizione ellenica che comunque avevano un qualche legame atavico con l’antica figura del Serpente, noto nella tradizione biblica come “tentatore” di Eva. Non dimentichiamo inoltre che la stessa Lilith veniva chiamata la madre dei Demoni così come ad esempio Echidna era appellata come madre dei mostri. Piccole coincidenze che però magari possono esservi utili nella vostra personale ricostruzione.
Curiosamente poi, ho notato che a Samael vengono associate caratteristiche che ho riscontrato anche nel mio Guardiano, essendo collegato come abbiamo detto a Marte, ma anche alla guerra, al rosso, al lupo e al montone, e da sempre ispira i condottieri impugnando la spada della giustizia. Samael era inoltre ritenuto il Patrono dell'Impero Romano, così come Michael è sempre stato identificato nel protettore del popolo di Israele e della Chiesa Cattolica. Questo è un dettaglio curioso se si pensa che la stessa parola Gentile deriva dalle Gentes romane, i nobili pagani dell’Impero. L’iconografia classica mostra spesso Satana e Michele come avversari, illustrando Michele nell’intento di schiacciare a terra Satana, esattamente come le religioni di Yahweh hanno cercato di schiacciare i Gentili.
Jennifer Crepuscolo
Anno MMXVIII
.
HAAGENTI / BASTET : La Dea Felina
Bastet è il nome di una Dea dell'antico Egitto, rappresentata come una donna con la testa di gatto, poichè suo animale sacro. La città di Per Bast (Casa/Dimora di Bast), dai Greci chiamata Bubastis, è situata nelle vicinanze del delta del Nilo, nei pressi dell'attuale Zagazig, ed era il centro del suo culto. Proprio in questo luogo, infatti, è stata scoperta una grande necropoli di gatti e templi in onore della dea. Bastet era conosciuta come dea della fertilità, della seduzione, della sessualità e della forza femminile, ma era amata anche perchè protettrice delle donne in gravidanza e dei bambini, che incarnavano la fragilità e la bellezza, altra caratteristica della dea. Bastet era dea della musica, del canto e della danza. Veniva spesso rappresentata con in mano il sistro, strumento musicale creato da Iside, e tenuto anche da Hathor. Il giorno dedicato a Batet, era il 31 Ottobre, giorno di festa dove la gioia giungeva all’estasi, si beveva e si ballava (e naturalmente i bambini non potevano parteciparvi). Sul Nilo galleggiavano chiatte piene di donne, fiori e vino. Si dice che si trattasse di riti sensuali, pieni di musica e danze. I riti in onore di Bastet erano anche incentrati sull’idea della purificazione e della profumazione, riferito alla purificazione femminile durante il ciclo mestruale. Era pure considerata la depositaria della verità, siccome i gatti sembravano conoscere tutto del mondo. Una curiosità: sembra che nell'antichità le donne lesbiche fossero ritenute donne estremamente sincere, capaci di sostenere sempre la verità, perciò Bast era considerata signora delle donne lesbiche. Bastet è indicata come figlia di Ra, oltre che come uno dei suoi "occhi", cioè veniva inviata per annientare i nemici dell’Egitto e dei suoi dei (a lei viene associato l'occhio destro di Ra , l'utchat). Uno dei suoi appellativi era “Signora delle Bende” .È una dea che racchiude due aspetti contrastanti, quello pacifico e quello temibile: nella sua forma di gatta o di donna gatto è la benevola dea, protettrice dell’umanità, della gioia e delle partorienti; ma nel suo aspetto feroce è famosa per la sua furia, rappresentata con testa da leonessa, ed identificata con Sekhmet, dea della guerra e della medicina.
Un antico detto egiziano recitava:
"Non si accarezza la gatta Bastet prima di aver affrontato la leonessa Sekhmet."
Questa frase è molto importante per comprendere che la Dea, come ogni donna, incarna non solo la parte sensuale e docile, intuitiva e femminea perciò lunare; ma anche la potenza solare, protettiva e vendicativa che le ha dato la fama di " leonessa guerriera ". Bastet è una rarità, racchiude in se sia il principio maschile (solare) che quello femminile (lunare). L'armonia cosmica. Il gatto era un animale sacro in tutto l'antico Egitto e ad esso venivano dedicate statue, templi, poesie e invocazioni. Era onorato perché proteggeva i granai dai topi e quindi dalla carestia, ma per quanto addomesticato, non era un animale abituato all’uomo. Si dice che l’abissino incarni il vero gatto egiziano, ma il gatto egiziano per eccellenza resta il Mau, dallo splendido manto maculato e la corporatura agile. Gli egizi divennero talmente devoti alla dea Bastet che promulgarono leggi per impedirne l’esportazione e chi attentava alla vita di un gatto era severamente punito. Bastet nasce come divinità solare, personificando il calore benefico del sole; i Greci la identificarono in Artemide la dea della caccia, con l'arco che simboleggiava la falce di luna divenne presto una dea lunare. La mitologia norvegese narra di Freya, la dea nordica del sole che guidava un carro di fuoco trainato da due gatti, uno bianco e l'altro nero. Nella mitologia germanica, Odino concede alla dea un potere illimitato su nove mondi. Nell’antico simbolismo, vola con il suo tiro di gatti attraverso questi piani e lungo le strade di cristallo di sette pianeti, per recarsi dove regnano l’amore e la vita. Freya regola i raggi del sole e la pioggia, determinando il destino della terra. Ancora oggi, nella credenza popolare, i gatti vengono collegati ai fenomeni atmosferici. Freya, come Bastet e Diana, incarna l’amore, la sessualità e la fertilità.
Le Mie Esperienze con Bastet
Era una sera di fine gennaio inizio febbraio, ero all'inizio del mio percorso come satanista, mio padre si arrabbiava con me in continuazione per aver scelto questo culto, i giorni erano pieni di continui conflitti e frecciatine e la situazione per me era molto stressante ( lo è ancora oggi, ma almeno è migliorata da allora). Quel giorno ero stufa di spiegargli per l'ennesima volta che non c'era niente di male ad essere satanista, ero stufa di sentirlo sgridarmi alle spalle, gli ripetevo senza essere ascoltata minimamente che Satana non era come lo descrive la religione cattolica. Lui però non sentiva ragioni! Stavo per crollare dato che sono molto fragile, (specialmente se un padre ti dice che lo hai deluso), così andai fuori a piangere e so che forse non è molto coraggioso, ma avevo davvero bisogno di sfogarmi; dopo una passeggiata fra le lacrime, mi sedetti nella panchina del piazzale di fronte a casa mia, c'era la luna piena e continuavo a fissarla, illuminava le mie lacrime, sentivo che mi rilassava, avevo bisogno di un segno, volevo sapere se avevo un Guardiano, così dissi guardando la luna:
" Ho bisogno di te... di sapere chi sei, se mi stai ascoltando, mandami un segno...".
Mi voltai verso destra, verso il lato oscurato del piazzale e con mia grande sorpresa proprio in quell’istante vidi un gatto, veniva verso di me e si accingeva ad attraversare il piazzale, mi passò davanti con la sua delicata camminata e la coda dritta. Da li compresi che non era una semplice coincidenza, Bast era la mia guardiana. Poi vi è stato un sogno in cui si è mostrata a me sotto forma umana (l'unico sogno, negli altri solo sotto forma di gatto), era una dea così regale, nobile e misteriosa, mi sorrideva ed era adagiata su un lettino come quello dell'antica Roma. Aveva capelli neri e lisci, era vestita con abiti egizi, un abito bianco panna per la precisione e mi ricordo che aveva molti gioielli. La lista delle mie esperienze con Bastet potrebbe andare avanti all'infinito, per esempio quel giorno in cui stavo baciando la mia ragazza, ringraziando la dea per avermi donato questa gioia. Dopo poco apparve un gatto che ci passò davanti, ci guardammo stupite e sentimmo cadere qualcosa nell'acqua (eravamo vicino ad un ruscello). Tuttavia non c'era niente che potesse esservi scivolato! La cosa singolare è che Lavinia mi disse che il suo elemento era propriol'acqua, elemento che quindi la rappresentava. Vorrei riportare la frase che pronunciò la mia ragazza sugli dei, perché mi piacque molto. Lavinia disse:
"Loro sono qui con noi e questo è il modo con il quale ci dimostrano la loro presenza"
In molti altri sogni ho avuto la sua visita, tipo quando le chiesi del significato di Haagenti e la notte sognai una persona che parlava e mi diceva che "Haagenti" era una parola che significava "principio maschile e femminile" , il giorno dopo cercai ( e cerco ancora) su internet quanto rivelato, ma purtroppo non trovai niente che mi riportasse a quella parola, cercai nel sanscrito e indiano, passai addirittura all'arabo senza successo però. Imparai a mettere sopra il suo sigillo onirico, una collana con il gatto egiziano che comprai in suo onore, credevo che potesse potenziare il collegamento con Bastet e infatti fu così, ogni notte sento che mi protegge, se gli faccio una domanda prima di addormentarmi lei mi risponde. Quando le chiesi se era un suo segnale il gatto che passava quando mi baciai con Lavinia, sognai esattamente quella scena, stesso luogo, solo più oscuro e verso il viola/nero, illuminato da una luce di un lampione. E indovinate chi spunta dall'erba alta? Un gatto nero!
Quando mi svegliai sapevo che era la sua risposta, se il caso non esiste... allora era lei per forza! Non sono una stupida e mi rendo conto che per chi sente solo raccontare certi segni possano apparire mere casualità, ma quando li vivi è come se “sentissi” qualcosa sotto la pelle che non si può spiegare. In altrettante giornate ho avuto ed avvertito la sua presenza, quando sono triste ed esco a fare una passeggiata, dei gattini vengono verso di me e iniziano a giocare, mi fanno subito tornare il sorriso, in ogni istante la sento vicina è una sensazione stupenda. A volte le dedico canzoni, credo che le faccia piacere perchè improvvisamente mi vengono i brividi alla schiena e poi sale uno strano calore verso tutto il corpo. Ero molto diversa prima di intraprendere questo cammino, ero timida, vigliacca e la mia autostima era davvero sotto le scarpe, intraprendere questo percorso, lottare per questi ideali, per Satana e gli dei, mi ha cambiata moltissimo, mi sento più sicura, più forte, mi sento me stessa e non mi vergogno più di chi sono. Si dice che Haagenti sia un’ottima alchimista, può trasformare i metalli meno pregiati in oro, questa è un analogia che rappresenta la crescita dell'uomo che aspira ad essere divino, credo che io stia cambiando in meglio e credo che gli dei e Haagenti mi abbiano aiutato a cambiare, rendendomi consapevole.
Nicla Cucini
Anno MMXIV
.