LE SETTE PAROLE

 

  

 

Il vecchio e saggio Re, Signore di una moltitudine di eserciti e di innumerevoli territori, un giorno chiamò al suo cospetto i suoi tre figli gemelli.

Figli miei” gli disse: "Io sto diventando vecchio ed è l’ora che decida chi di voi dovrà essere il mio successore. A vostra madre, che morì del vostro parto, promisi che vi avrei tenuto in egual conto e quindi potrei dividere il mio regno tra voi tre, ma lo indebolirei. Oppure potrei lasciarlo ad uno solo di voI ma a chi, visto che siete gemelli? Al nato per prima che è però forse l’ultimo concepito? O all’ultimo nato che però è forse il primo concepito? Oppure al mezzano sciogliendo così questo dubbio? Tutto ciò non avrebbe senso e quindi ho deciso che il mio regno andrà a chi di voi si dimostrerà migliore e colui che lo sarà dovrà aver cura dei suoi fratelli".

Come possiamo dimostrare chi di noi lo è Padre?” Chiese prontamente il figlio ultimo nato, mentre il primo nato brontolava tra sè e sè, convinto com’era di essere l’erede legittimo.

Vedete quel foglio sul tavolo figlioli?” rispose il Re, “Vi sono scritte sette parole, voi dovete leggerle, capirle e farle vostre, nella mente e nel cuore, cercando in esse la risposta alla domanda che da tempo mi pongo: Chi dei miei figli è il più degno? Con quelle sette parole ben impresse, andate in giro per il mondo per dieci anni, costruite qualcosa di vostro, create qualcosa con le vostre opere e quando tornerete da me, io saprò chi è il più degno di sedere sul mio trono. Suvvia non abbiate indugi, leggete le parole. Preparate i bagagli e partite! Io sarò qui al vostro ritorno e lascerò il mio regno a chi si dimostrerà il migliore tra di voi.”

I figli del re, allora presero il foglio e lessero le sette parole scritte, che con loro gran sorpresa erano:

 

INVIDIA

AVARIZIA

GOLA

LUSSURIA

IRA

ACCIDIA

SUPERBIA

 

Ma poi, seppur assillati da mille dubbi e mille domande, prepararono i bagagli e partirono, ognuno su strade diverse. Gli anni trascorsero lenti nel regno del vecchio e saggio Re, senza che giungessero notizie del destino dei tre fratelli ed il vecchio Re a poco a poco perse il suo vigore e si allettò. Un unico pensiero lo sorreggeva, il trascorrere del tempo lo avrebbe in fin portato all'agognato giorno del ritorno dei suoi figlioli. Il giorno in cui avrebbe potuto capire chi di loro meritasse il suo trono. Il giorno che finalmente avrebbe potuto riposare in eterno serenamente. Una mattina di primavera, finalmente, apparvero all'orizzonte tre cavalieri che giunti alle porte del palazzo urlarono con quanto fiato avevano in gola: “Siamo i figli del Re, aprite!” aggiungendo, “Siamo tornati Padre! I dieci anni sono trascorsi!

Le guardie aprirono le porte e condussero i cavalieri al cospetto del Re. Egli, dal suo letto di malattia, li riconobbe immediatamente, anche se gli anni trascorsi e la vita vissuta avevano modificato i loro visi e i loro corpi, tant'è che non sembravano più neppure gemelli.

Figli miei!” esclamò il Re, “ Siete tornati finalmente!, come siete cambiati...siete diversi...” e non riuscendo a trattenere l'impazienza e la curiosità ordino’: “ Ora ognuno di voi dovrà raccontarmi gli anni trascorsi, le sue opere e come le parole scritte hanno influenzato la propria vita” ed ansimando un poco continuò “Raccontate figlioli, così che io possa decidere chi sia il più degno di sedersi sul mio trono! Coraggio, inizia tu che per primo vedesti la luce, avanti!”

Il primo figlio allora, vestito di abiti sontuosi ma divenuto obeso cogli anni, quasi calvo e con il viso rugoso, gli occhi acquosi, iniziò il suo racconto: “Padre! Io sicuramente ne sono il più degno! Ho obbedito alle sette parole che erano tuoi ordini! Pienamente vi ho obbedito! Invidiando con tutte le mie forze chi aveva più di me, ho usato ogni mezzo per arricchirmi. Poi, quando ho ottenuto le ricchezze che desideravo ho provveduto affinché nessuno ne potesse usufruire...nemmeno chi mi amava. Allo stesso tempo però, io ed io solo, mi son goduto la vita... crapule, baccanali ed orge a non finire, in cui manifestavo la mia superiorità ed il potere assoluto su tutti coloro che mi circondavano. In fin, sazio di tutto quello che avevo ottenuto, mi sono adagiato tra morbidi cuscini nel dolce far niente, aspettando nell'ozio e nel languore che giungesse il tempo di tornare da te. Quindi ora sai Padre... sai che io e solo io, sono il tuo degno erede".

Interessante figliolo” disse l'anziano Re, “ma sentiamo anche tuo fratello mezzano...” e notando il suo aspetto dimesso, il suo fisico asciutto, scarno, il suo volto incavato, gli occhi fiammeggianti e le sue povere vesti, lo invitò al racconto “su figliolo, dimmi dei tuoi anni lontano da noi!

Oh Padre, sono stati anni meravigliosi e dispiace vedere che mio fratello non ha saputo approfittarne, non capendo nulla del senso delle parole che ci hai donato!” esordì il figlio.

Io ne ho capito il vero significato! E ne ho evitato accuratamente il contagio!  Ho subito inteso che erano sette deviazioni da sconfiggere.Appena ho intrapreso il mio viaggio mi sono spogliato di ogni desiderio, di ogni invidia e di ogni mio avere, mi sono rifugiato su di una montagna, dove alacremente ho costruito un rifugio, dove ho trascorso anni a meditare sulle condizioni umane, vivendo di ciò che coltivavo e rifuggendo le tentazioni della gola e del corpo. Sono stato così illuminato che molti hanno voluto unirsi a me, creando così un gruppo che si autogestiva senza capi e senza padroni e dove il litigio era vietato. Eravamo così in armonia che l'ira non è mai stata presente tra noi Padre!

Noto però che parli al passato di questo gruppo figliolo, come mai?“ Disse il Re incuriosito.

Beh Padre,” rispose il giovane, “come tu puoi ben capire, sono rari gli uomini come me, e a poco a poco gli altri hanno ceduto ed io solo ho resistito a quella meravigliosa vita fatta tutta di lavoro, sacrificio, meditazione e privazioni”,  poi aggiunse: “pensa Padre che stolti, sentivano pure la mancanza di qualcuno che li comandasse...

E poi concluse: “Solo io ho resistito! Solo io ho saputo evitare accuratamente ogni tentazione e quindi io sono quello che ha capito il senso del tuo messaggio e, senza superbia, con consapevole umiltà posso affermare che sono io quello degno del tuo trono!"

Il re sorrise e posandogli una mano sulla spalla ossuta gli disse: “vedremo figliolo,vedremo” e aggiunse “ascoltiamo prima il vostro fratello minore“.

L'ultimo figlio, che appariva stanco ma sereno, il fisico ancor integro e pronto, con occhi accesi e solo più maturi, prontamente si inginocchiò ai piedi del Re esclamando: “oh Padre, mi dispiace deludervi, ma non sono degno del vostro trono!” aggiungendo: “Io non credo di aver tenuto nel giusto conto le parole che ci avete donato...

Fai decidere a me figliolo e raccontami cosa hai fatto e come hai vissuto in questi anni”, disse allora il Re.

Vedete Padre” rispose il figliolo,” Io non ho seguito accuratamente le indicazioni date dalle sette parole, nè le ho accuratamente evitate, semplicemente ho vissuto la mia vita, senza curarmene troppo”, e continuò: “Non lo nego, nel corso degli anni trascorsi lontano da Voi, ho provato talvolta i sentimenti che le contraddistinguono, talvolta sono stato invidioso, a volte sono stato accecato dall'ira, talvolta dopo aver accumulato qualche ricchezza, sono stato avaro con chi mi circondava, talvolta la gola e la lussuria hanno preso il sopravvento, a volte l'accidia mi ha pervaso, e credo che talvolta, con qualcuno ho dimostrato superbia.”

E poi concluse: “come vedete Padre, non sono stato degno di essere il vostro successore...”.

Pensieroso il Re allora rispose: “figlio mio, lascia giudicare a me e permettimi una domanda, nel tuo racconto, parlando della tua caduta a riguardo delle sette parole, tu usi spesso i vocaboli talvolta, a volte... .quindi queste tue, chiamiamole cadute, non erano una condizione costante della tua vita ma fasi che si sono presentate nel corso della tua esistenza, fasi che hai affrontato?

Si, Padre”, rispose il figlio, “fasi, emozioni, avvenimenti, cadute che si sono presentate e che ho dovuto affrontare e con le cui risultanze ha dovuto convivere“.

"Bene figlioli” esclamò il Re, "quello che ho predisposto per voi ha prodotto i risultati sperati!” e aggiunse: “Ora ho chiaro nella mente e nel cuore, chi sarà degno di ereditare il mio trono, chi sarà il mio successore!

Chi Padre?”, “Diccelo Padre!” Esclamarono i giovani.

Vedete figlioli”, disse il Re “le sette parole che avete trovate scritte non erano dogmi da seguire, ma nemmeno peccati da aborrire. Erano sette condizioni che l'animo umano trova nel suo percorso, debolezze del suo essere imperfetto, naturali emanazioni del proprio io che non bisogna evitare quando si presentano, ma nemmeno lasciarsi travolgere da esse.”

Tu, Figlio mio, tu che non ti sei assoggettato alle sette parole, a quanto significavano ed alle loro conseguenze, tu che non le hai rifuggite concedendoti di imparare da esse senza tuttavia divenirne schiavo...Tu figlio mio che hai saputo convivere con questi sentimenti che sono parte di noi uomini e che hai saputo gestirli, Tu Figlio, sei l'unico degno di essere il mio erede e il tuo nuovo nome sarà Lucio, perché sarai la luce di questo regno.”

Poi il Re, battendo le mani chiamo tutta la sua corte e pronunciò con la voce tonante di un tempo, la frase che da tanto tempo aveva nel cuore, la sua decisione: Mio Popolo! Mia Corte! Prostratevi innanzi a Lucio, mio figlio! Egli da questo momento sarà il Vostro Re! Egli si è dimostrato il più degno tra i suoi fratelli, Egli si è dimostrato un uomo vero e completo, prostratevi innanzi al vostro nuovo Re, mio degno successore!

Ed aggiunse ormai provato: ”Portatemi nelle mie stanze, che io possa finalmente riposare.”

Detto questo, Il vecchio Re si ritirò e mentre la corte inizia i festeggiamenti ed ogni necessaria cerimonia, chiese di essere lasciato solo. Il vecchio Re aprì una massiccia porta ed entrò in una stanza completamente vuota, le cui pareti ed il soffitto erano adornate come un cielo, tinte di nero e su cui erano raffigurate le celesti costellazioni, il pavimento era a grandi quadrati bianchi e neri, salvo una striscia di color indaco che conduceva innanzi ad un altare ricoperto da una grande tenda rosso porpora. Il Re allora tolse la tenda scoprendo l'altare fatto di un basamento di marmo color avorio, con sopra una strana figura mezzo uomo mezzo Capro,. Si inginocchiò di fronte ad essa.

Padre” disse il re “ho concluso il mio percorso e credo che il mio erede designato sia degno di guidare il mio... il nostro popolo. Quando scoprirà questa stanza, non avrà la mente chiusa da superstizioni e falsi ideali, capirà, ed inizierà a seguire la giusta Via. Quanto a me, mi rimetto alle tue severe ma eque mani. Se mi ritieni degno, portami tra le anime elevate dei giusti, ma se così ancora non fosse, concedimi una nuova esistenza che mi conduca alla completa illuminazione.”

E col sorriso sulle labbra, spirò.

 

 

Angelo Danieli

Anno MMXVII

 

 

 

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